Sin dalle origini del locus longobardo di Terlizzi la chiesa collegiata è stata dedicata all’Arcangelo Michele, santo guerriero “nazionale” e patrono della città. Con la bolla Unigenitus Dei Filius, promulgata da papa Benedetto XIV, la Chiesa di Terlizzi è elevata a dignità di “cattedrale” mentre, quasi contemporaneamente, la città viene liberata dal dominio feudale. L’euforia dei cittadini esplode nell’immediata decisione di costruire una cattedrale volumetricamente esplosiva. Dopo cinque secoli di vita e di servizio religioso, il 2 dicembre 1782, il vecchio duomo dedicato a San Michele, viene raso al suolo. Il vescovo di Giovinazzo e Terlizzi, monsignor Michele Contenisi, avendo certezza della disponibilità di alcuni “introiti”, affida all’architetto Michelangelo Bonvino l’incarico di progettare la cattedrale. Il cantiere viene ufficialmente aperto, con la posa in opera della prima pietra, il 9 marzo 1783. La costruzione procede speditamente, anche grazie al reimpiego del materiale proveniente dalla demolizione della chiesa preesistente. La prematura morte dell’architetto Bonvino, sopraggiunta inattesa, causa una prima interruzione nell’avanzamento dei lavori. Interviene l’ingegnere Giacomo Loiacono il quale realizza il presbiterio con il coro, il campanile e gli annessi spazi capitolari. Seguiranno gli architetti Giuseppe Matteucci e Michele Lamparelli e poi, introducendo variazioni al transetto e alle volte, Giuseppe Castellucci, Corrado de Iudicibus, Federico Travaglia e Michele Lamparelli; ancora, Nicola Molinini e Francesco Scolamacchia. La sofferta vicenda costruttiva, così punteggiata dal susseguirsi di personaggi di varia estrazione e formazione culturale i quali, tuttavia, dimostrano di operare egregiamente nel sostanziale rispetto dello spirito impresso, nell’originario progetto, dall’architetto Bonvino, viene parallelamente “provata” da persistenti difficoltà manifestatesi in seguito al rapido esaurimento delle disponibilità economiche, già inizialmente modeste ed inadeguate al costo totale dell’opera. In modi e tempi diversi si moltiplicano le iniziative per recuperare le risorse indispensabili al cantiere. Così, all’intervento delle amministrazioni pubbliche, sia civili che religiose, si aggiungono i singoli cittadini in un moto di solidarietà che comunque non riesce a contenere i lunghi tempi di realizzazione della chiesa. Per evitare interruzioni nel corso dei lavori, nel 1825 si aumenta il dazio sul pane e nel 1829 si fa ricorso all’utilizzazione del materiale recuperato dal parziale crollo del castello, in luogo di altro ritenuto più idoneo ma certamente più costoso per l’incidenza delle spese di trasporto da luoghi lontani. Nel 1830 interviene per la prima volta l’arcidiacono Tommaso De Sario il quale dona gran parte dei suoi beni; un gesto a cui fa prontamente eco la solidarietà delle città viciniori. L’amministrazione diocesana si rende attiva nel 1831 ma, nell’anno successivo, sarà decisivo il nuovo intervento dell’arcidiacono De Sario, figura solitaria di esemplare generosità, il quale devolve ormai totalmente quanto possiede per la costruzione della nuova cattedrale. I lavori continuano ancora stentatamente e l’amministrazione comunale, nel 1856, giunge alla determinazione di compiere un atto di forza prelevando dai cittadini un cospicuo contributo. Determinante fu il contributo offerto, nella fase finale della costruzione, da Michele De Napoli nella doppia veste di sindaco e “addetto ai lavori”. Durante il suo sindacato si ebbe l’approvazione del campanile. Gli appalti per i lavori conclusivi vengono affidati nel 1869 e, il 28 Aprile 1872, la cattedrale finalmente ultimata viene aperta al culto.