Arte
Opere degne di particolare considerazione che aggiungono pregio e valore alla chiesa sono:
L’altare (1969), su disegno dell’architetto Zander, progettista della chiesa, è costituito dalla mensa in marmo bianco, dal basamento grezzo lavorato a subbia, ornata da una Croce intarsiata formata da gemme rettangolari rosso porfirico e da semisfere di onice, e da tre gradini di marmo porta santa.
Tabernacolo: l’opera eseguita nel 1970 su disegno del prof. Marcello Tommasi di Firenze e fusa in bronzo e argento, allo sguardo presenta due angeli reggenti con naturale ed aerea leggerezza un tabernacolo che nella forma ripete ed esalta l’architettura della chiesa. Di gran pregio la porticina del santo ciborio nel cui centro campeggia Gesù Eucarestia, splendente di vivida luce: intorno fa corona e si illumina di luce riflessa un composto scenario di figure, tra le quali un ammalato che tiene stretto nella mano un rosario.
Portalampada: opera in bronzo del prof. M. Tommasi di Firenze (1971), completa la decorazione eucaristica: la scultura rappresenta il cieco guarito da Gesù a Gerico (Marco 10,46-52) che sta sollevandosi da terra, con le braccia protese verso l’alto.
Nell’abside, un bronzeo Gesù Risorto (1977), opera dello stesso Tommasi.
La via crucis (1968), opera in bronzo, dello scultore molfettese prof. Vito Zaza, comprende 15 Stazioni, perché l’ultima rappresenta la Resurrezione
Le campane (1970): sono cinque, con mozione automatica ed elettronica, sono state fuse dall’ antichissima ditta ing. Francesco de Poli di Vittorio Veneto: la prima, del peso di 60Kg. è arricchita di sbalzi scultorei rappresentanti un raggiante ostensorio e le immagini di s. Antonio e della vergine Maria che protegge i suoi figli.
La seconda, di Kg. 90, porta le immagini del s. Cuore dominante la città e dell’Addolorata che protegge la sofferenza umana. Sulla terza di Kg. 100 sono rappresentati il crocifisso e l’immagine della Vergine di Pompei. La quarta di Kg. 145 ha l’immagine del Redentore che dialoga con un’anima molto vicina alla storia di don Cosmo: la concittadina Marta Poli, morta in odore di santità. Sulla quinta di Kg. 250 campeggia il Cuore Immacolato di Maria supplicante il Signore per i giovani dell’oratorio e per la comunità parrocchiale e un trittico sacerdotale rappresentante s. Filippo Neri, il curato d’Ars e don Cosmo in atteggiamento di lavoro e sta a significare il valore del sacerdozio per la salvezza dell’umanità.
I 3 portali: opera in bronzo dello scultore romano Ernesto Lamagna che ha realizzato 14 scene inerenti il tema “L’amore trinitario in rapporto all’eccomi di Maria”.
Sul portone centrale la creazione, il Sinai, il Cristo risorto, l’eucarestia, l’eccomi di Maria. Sul portone laterale sinistro: il popolo verso Gerusalemme, verso la croce, il Padrone servo dei servi, le parole di Gesù Maestro. Su quello destro: l’Apocalisse, s. Giuseppe. S. Filippo Neri, terra nuova e cieli nuovi.
Nel portico, sull’ ingresso principale della chiesa una lunetta in bronzo (1973), raffigurante “Maria speranza degli uomini”, opera del prof. Adolfo Rollo.
Sulla parete destra della chiesa un monumento commemorativo (1976) , opera in terracotta di Ennio Tesei di Roma, rappresenta don Cosmo al lavoro in mezzo ai giovani sullo sfondo dell’opera oratoriana in costruzione; sulla parte superiore Maria genitrice è glorificata, col Figlio in braccio, dalle schiere angeliche.
Sul pavimento, ai piedi del monumento, la tomba del primo parroco e fondatore dell’’oratorio, don Cosmo Azzollini.
Su tutto troneggia il grandioso mosaico absidale, opera su disegno di Ettore de Conciliis di Roma, con la consulenza di mons. Giovanni Fallani, presidente della Pontificia Commissione di Arte Sacra in Italia, realizzata nel 1975 dal mosaicista prof. Italo Peresson di Milano: rappresenta “Maria madre della Chiesa”.
“La calda immagine della madre col Bambino galvanizza con il suo sguardo ma non risolve in sé l’attenzione poiché il centro della vasta visione è quel fuoco luminoso in cui si intravede la Croce e da cui si avvia un movimento a spirale che coinvolge tutti credenti ed operatori di pace. E’ questa la Chiesa rappresentata: quelli che seguono Cristo e lavorano per la giustizia del suo Regno, viventi e quelli ancor presenti a confortare nel cammino lungo ma irreversibile verso la “pace” (Salvatore Palese).
Accanto ai pastori sommi come Giovanni XXIII e Paolo VI vi sono rappresentati volti di donne, di bambini; lo sguardo dei vescovi molfettesi Achille Salvucci e Settimio Todisco e di altri come il cardinal Lercaro di Bologna, il vescovo brasiliano Helder Camara, figure sacerdotali come il curato d’Ars e padre Pio nonché il primo parroco don Cosmo Azzollini: tutti sono in mezzo alla folla la cui teoria si perde nel tempo come nello sfondo del mosaico: contadini, operai con le coppole, lavoratori della mente, uomini di pace come Ghandi e Martin Luther King. Insieme ai volti delineati con la precisione del ritratto, i più sono sommariamente accennati, anonimi, per consentire a tutti di affiancarsi tra loro e camminare incontro a Cristo, mossi dal suo amore.
Completano le suddette opere il mosaico del fonte battesimale, del profugo ungherese prof. Giovanni Haynal (1969), il contenitore bronzeo degli oli santi (1978) raffigurante “Maria madre della grazia”, opera di Ennio Tesei e la sagrestia arredata con mobili su disegno dell’ arch. Franco Forte di Molfetta.
a cura del dott. Michele Zanna
Sarebbe bello se il dott. Michele Zanna potesse continuare a scrivere sull’arte della Chiesa, corredando il testo con immagini belle come quelle che accompagnano la lista delle opere d’arte, sopra riportata. Negli ultimi anni la Chiesa si è arricchita di altre pregevoli opere, di cui sarebbe interessante sapere qualcosa in più da parte dei parrocchiani e non solo.