6 marzo 2016 – Domenica «DELLA PARABOLA SULLA GIOIA DI DIVENTARE VERI FIGLI DEL PADRE MISERICORDIOSO»
DOMENICA
«DELLA PARABOLA SULLA GIOIA DI DIVENTARE VERI FIGLI
DEL PADRE MISERICORDIOSO»
IV di Quaresima C
Luca 15,1-3.11-32; Giosuè 5,9a.l0-12; Salmo 33; 2 Corinti 5,17-21
di don Pino Germinario
Luca pone questa parabola all’inizio del capitolo 15.
Alla fine del capitolo precedente riporta ciò che Gesù chiede a quelli che vogliono seguirlo:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. (Lc 14,26-27)
Ciò che Gesù chiede è un amore “grande” e la disponibilità ad affrontare con amore e per amore le difficoltà della vita quotidiana.
Ma subito dopo Gesù si trova circondato da due gruppi in contrasto fra loro:
Da una parte si avvicinano a lui tutti i pubblicani e i peccatori ai quali non importa nulla né dei farisei né degli scribi. Essi sono attratti soprattutto dalla parola di Gesù e dai segni stradinari che opera. Pensano che Gesù può soddisfare alcuni loro bisogni immediati. Per il resto si vedrà.
D’altra parte i farisei e gli scribi, che disprezzavano apertamente i pubblicani e i peccatori, mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Questo gruppo vede la religione come un dovere da compiere e ritiene che, compiuti tutti gli atti dovuti, ha “diritto” alla salvezza, vista come frutto esclusivo delle proprie opere. E’ un gruppo chiuso in sé stesso e nelle proprie tradizioni ritenute immutabili. Ogni cambiamento è visto con sospetto e si bada più alla forma e all’apparenza che alla sostanza e alla verità delle cose.
Per noi, che leggiamo oggi il Vangelo, questi due gruppi corrispondono a due modi di pensare e di vivere nei quali noi possiamo trovarci o tra i quali possiamo “oscillare” nelle diverse circostanze della nostra vita.
Gesù vuole scuotere e convertire gli uni e gli altri all’amore a Dio e all’amore agli altri e perciò dice, a loro e a noi, alcune parabole.
Questa parabola appare insieme molto dolce e molto dura.
La dolcezza deriva dall’atteggiamento del Padre che ama profondamente i suoi due figli, mentre la durezza deriva dall’atteggiamento dei figli che incontrano e parlano con il Padre, ma sono preoccupati solo di sé stessi e dei propri interessi. Non amano il Padre e non si amano tra loro.
Proprio come i due gruppi che circondavano Gesù.
I pubblicani e i peccatori sono rappresentati dal figlio minore che cerca di ottenere dal Padre, subito, tutto quello che può («Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta») per poi andarsene per la sua strada e, anche quando torna, non lo fa per una conversione e una maturazione morale, ma solo perchè spinto dal bisogno. «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò e andrò da mio padre»
I farisei e gli scribi sono rappresentati dal figlio maggiore che non si è mai mosso da casa ma si considera un “servo” del Padre e gli obbedisce solo per dovere («Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando») in attesa dell’eredità che gli spetta e che disprezza apertamente suo fratello: «Ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso».
I due figli sembrano non conoscere e non comprendere il cuore del Padre che invece si preoccupa e ama ciascuno dei due e si impegna in ogni occasione perchè tutti e due tornino a casa.
Per i figlio minore: Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò e disse ai servi: «Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
Per il figlio maggiore, che saputo della festa per il ritorno del fratello si era indignato e non voleva più entrare in casa: Suo padre allora uscì a supplicarlo: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
In realtà nessuno dei due figli ama il Padre e comprende l’amore che il Padre ha per ciascuno di loro.
Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. (1 Gv 4,8)
Nessuno dei due gioisce per la festa che il Padre ha fatto preparare per loro e nessuno dei due vuole veramente e sinceramente ritornare alla casa del Padre.
La parabola ci insegna che la vita cristiana è tutta e soltanto “una questione di amore”.
Diceva Gesù a Pietro per tre volte: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?» (o “più di queste cose” secondo un’altra traduzione). Pasci le mie pecore…E detto questo aggiunse: “Seguimi”. (Gv 21,15-19)
E, in un’altra circostanza, sempre a Pietro: Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». 37Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». 38Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me?
E’ questo che il Signore chiede a ciascuno di noi: “Mi ami? Metterai ogni giorno a disposizione la tua vita per me?”
La gioia di cui si parla in molti elementi della liturgia di oggi è una gioia interiore che può essere scoperta, compresa e vissuta solo quando ci si accorge dell’amore straordinario che Dio ha per noi e si avverte non il dovere, ma il desiderio di rispondere con tutto l’amore di cui siamo capaci.
Allora scopriamo la gioia di essere veri figli del Padre misericordioso.
Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. (Lc 6,35-36)
3Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
4In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
5predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
6a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
7In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
8Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
9facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto (Ef 1,3-9)