10 aprile 2016 – Gesù risorto si manifesta durante la pesca dei discepoli

DOMENICA III DI PASQUA  C

GESÙ RISORTO SI MANIFESTA DURANTE LA PESCA DEI DISCEPOLI
METTE ALLE STRETTE PIETRO, GLI AFFIDA LA COMUNITÀ CRISTIANA
GLI DICE CHE ORA È PRONTO A SEGUIRLO SULLA VIA DELLA CROCE

Giovanni 21,1-19; Atti 5,27b-32.40b-41 Salmo 29; Apocalisse 5,11-14

Guido Reni, La consegna delle chiavi, 1624-1626, Museo del Louvre, Parigi

Guido Reni, La consegna delle chiavi, 1624-1626, Museo del Louvre, Parigi

La consueta traduzione italiana non riesce ad esprimere tutte le sfumature, le allusioni, i richiami simbolici che l’elaborato e raffinato testo di Giovanni racchiude.

L’impostazione dell’ultimo capitolo del Vangelo di Giovanni è ECCLESIALE.

La pesca dei discepoli è il simbolo del nuovo ministero pastorale cui sono chiamati: sono ormai “pescatori di uomini”, ma per questa pesca – ancor più che per quella dei pesci – hanno bisogno dell’incontro con il Signore, della sua presenza e solo obbedendo alla Sua Parola possono avere una pesca fruttuosa.

Da soli “quella notte non presero nulla”.

All’alba del nuovo giorno Gesù dalla riva disse loro “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci.”

Prima Giovanni e poi Pietro riconoscono che è proprio Gesù la persona sulla riva. Pietro si butta in mare e va incontro a Gesù, risale dalle acque come un nuovo battezzato (“sulla barca” non c’è nel testo originale) e va incontro a Gesù portando la rete con i pesci presi.

Il banchetto è già pronto e i discepoli, riconosciuto Gesù, sono invitati a mangiare con Lui: un simbolo eucaristico.

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. (Sal 23)

Poi incomincia un dialogo personale con le tre domande poste a Pietro che richiamano la storia del rapporto tra Gesù e Pietro e in particolare la triplice negazione che Pietro aveva fatto di essere discepolo di Gesù al momento della Passione.

Il testo allude anche a cosa vuol dire essere discepolo di Gesù, amarlo, essere suo amico e seguirlo.

Gesù aveva detto: 12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. (Gv 15,12-15)

Dopo l’ultima cena si legge il seguente dialogo tra Pietro e Gesù: 36Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». 37Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». 38Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte. (Gv 13,36-38)

Nel testo originale del dialogo tra Gesù e Pietro vengono usati due verbi:

“agapao” nelle prime due domande di Gesù e “fileo” nelle tre risposte di Pietro e nella terza domanda di Gesù. Solitamente tutti questi verbi vengono considerati una semplice variazione stilistica per evitare eccessive ripetizioni e vengono tradotti con espressioni considerate equivalenti:

“Simone di Giovanni mi ami?”  (agapao)

“Signore, tu sai che ti voglio bene” (fileo).

Il biblista Silvio Barbaglia, che ha fatto uno studio specifico su questo testo,  propone una diversa traduzione basata sul concetto di “amico” “filos” legato al verbo “fileo” usato nelle risposte di Pietro e nella terza domanda di Gesù.

Proprio facendo riferimento ai due passi di Gv 13 e Gv 15 sopra riportati, Barbaglia individua l’essere amico di Gesù come avere l’amore più grande che consiste nel dare la vita per i propri amici che è proprio l’atteggiamento di Gesù.

L’affermazione di Pietro dopo l’ultima cena esprime la sua convinzione di volerlo seguire subito perchè si ritiene suo amico tanto da essere disposto a dare la vita per Lui. La risposta di Gesù è tipica dell’ironia del IV vangelo: 38Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte.

E poi, al momento della passione, Pietro, come Gesù aveva predetto, per tre volte negherà di essere discepolo e amico di Gesù e subito un gallo cantò”.

Ora Pietro, dopo la terribile esperienza del rinnegamento e della Passione, è stato rinnovato dallo Spirito Santo effuso nella risurrezione.

Lui che aveva avuto paura della portinaia del sommo sacerdote, non esita a parlare con franchezza di fronte all’intero Sinedrio riunito dicendo che “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. (1 Lettura)

Dunque, secondo questa traduzione, Pietro risponde alle domande di Gesù volendo riaffermare l’amicizia con Gesù che aveva precedentemente rinnegato e implicitamente la sua disponibilità a dare la vita per Lui.

Questa dunque la traduzione proposta da Silvio Barbaglia:

Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di queste cose?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu sai che ti sono amico». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».

Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu sai che ti sono amico». Gli disse: «Sii pastore delle mie pecore».

Gli disse la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi sei amico?». Si addolorò Pietro che alla terza volta gli avesse detto: «Mi sei amico?» E gli disse: «Signore, tutto tu sai, tu conosci che ti sono amico».

Gli disse Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti cingevi da solo e andavi dove volevi; quando invecchierai tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vuoi». Questo disse segnalando con quale morte avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

In questo contesto, ciò che addolora Pietro non è la triplice ripetizione della domanda, ma che ALLA TERZA VOLTA Gesù gli avesse chiesto: “Mi sei amico?” e quindi, ritornando alla situazione dopo l’ultima cena: “Darai la tua vita per me?”

Questa volta Pietro non si appella alle sue capacità ma alla conoscenza divina che Gesù ha di lui. Egli afferma che Gesù sa che Pietro darà la sua vita per Lui.

Pietro è disponibile a compiere non la propria volontà, né la volontà degli altri ma la volontà di Dio manifestata in Gesù.

Questa maturità spirituale del “nuovo” Pietro lo rende ormai pronto a sostenere l’incarico di pascere le pecore del gregge di Cristo.

Alla fine Pietro riceve l’ultimo comando di Gesù che era rimasto in sospeso dopo l’ultima cena:  «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». 

Ora dopo la Passione e dopo l’incontro con il Risorto è giunto il momento atteso e Gesù finalmente gli dice: «Seguimi». 

Seguire Gesù vuol dire entrare nella “gloria di Dio” dando la vita per il suo grande amico, quello che gli aveva insegnato ad amare fino alla fine, cingendosi i fianchi e andando dove vuole Lui e realizzare nella comunità cristiana il comandamento nuovo: l’amore gli uni per gli altri.

Padre misericordioso,
accresci in noi la luce della fede,
perché nei segni sacramentali della Chiesa
riconosciamo il tuo Figlio,
che continua a manifestarsi ai suoi discepoli,
e donaci il tuo Spirito,
per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore.

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