17 aprile 2016 – Domenica DELL’UNICO SACERDOTE E PASTORE
DOMENICA
DELL’UNICO SACERDOTE E PASTORE
IV del Tempo di Pasqua C
Giovanni 10,27-30; Atti 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.14b-17
di don Pino Germinario
Nella Chiesa vi è un unico Sacerdote e Pastore: Gesù.Il Papa, i Vescovi e i Sacerdoti lo rappresentano, agiscono in Suo nome per il sacramento dell’Ordine che hanno ricevuto.
Sia S. Ambrogio, sia S. Agostino e poi S. Tommaso d’Aquino insistono su questa interiore presenza di Cristo che conferisce valore ai sacramenti. Ambrogio in una notte pasquale affermava: «A battezzare non sono stati né Damaso né Pietro né Ambrogio né Gregorio [rispettivamente vescovi di Roma, Alessandria, Milano e Costantinopoli]: nostro è il servizio, tuoi sono, o Signore, i sacramenti» (De Spiritu Sancto, 1, prol., 17).
Agostino parla del «Cristo che battezza non con un ministero visibile, ma con la grazia occulta, con occulta potenza nello Spirito Santo» (Contra litteras Petiliani, 3, 49, 59), e afferma: «Siano Pietro, o Paolo, o Giuda a battezzare, in realtà colui che battezza è sempre Cristo» (cfr. In Iohannis euangelium tractatus, 6, 7).
Tommaso scrive: «È Cristo che principalmente e interiormente battezza» (Super 1 ad Corinthios, 1, 2, n. 28), così come nell’Eucaristia «è ora presente anche Cristo: colui che ha ornato la mensa [del cenacolo], è lo stesso che consacra anche questa mensa» (Catena aurea in Marcum, cap. 14, lectio: 6). «Autore di questo sacramento è Cristo; infatti, benché sia il sacerdote a consacrare, è Cristo stesso che conferisce efficacia al sacramento, dal momento che il medesimo sacerdote consacra in rappresentanza (in persona) di Cristo» (Super euangelium Iohannis reportatio, cap. 6, lectio 6, n. 961).
Possiamo, infine, ricordare il testo della Sacrosanctum Concilium: «Cristo è presente con la sua potenza nei sacramenti, di modo che, quando uno battezza, è Cristo stesso che battezza» (n. 7).
L’azione di Cristo si compie attraverso il gesto sacramentale della Chiesa, la quale, celebrando, manifesta l’obbedienza al suo Signore e l’amorosa fedeltà al suo Sposo. I segni rituali esprimono la sua comunione con lui: essi sono come lo spazio che il Risorto colma della sua presenza e della sua grazia. Più che la Chiesa ad andare a Cristo, è Cristo che viene alla sua Chiesa che ne fa memoria. (Inos Biffi)
Il titolo di pastore nella Bibbia è attribuito a Dio che si prende cura del suo popolo come un pastore si prende cura del suo gregge.
Nel testo di Giovanni Gesù parla di sé come “il bel pastore” poi giustamente tradotto come il “buon” pastore perchè il riferimento è a una qualità morale e non fisica.
Gesù “conosce” le sue pecore cioè ha con ciascuna di esse un rapporto profondo di amore ed è pronto a dare la sua vita divina a loro e nessuno può rapirle dalla sua mano perchè il Padre, che è una cosa sola con Lui, è il più grande di tutti.
Le sue pecore, cioè quelli che credono in Lui, ascoltano la sua Parola e la mettono in pratica (lo seguono).
Il testo dell’Apocalisse (seconda lettura) che usa un linguaggio simbolico dice l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. Una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.
E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello.
Le immagini dell’Apocalisse sono volutamente paradossali: il Pastore Onnipotente è l’Agnello che è sgozzato ma è in piedi. E’ segno di Cristo morto e sepolto che manifesta la sua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono. Ed è proprio l’Agnello, che sta in mezzo al trono di Dio, il vero Pastore. Quelli che credono in Lui sono stati purificati, trasfigurati dalla morte e risurrezione di Cristo: il sangue di Cristo rende candide le loro vesti. Sono una moltitudine immensa di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutte le distinzioni umane non hanno più senso nell’unico popolo di Dio che forma un solo gregge e ha un solo Pastore.
Anche nella prima lettura è scritto: Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero.
O Dio, fonte della gioia e della pace,
che hai affidato al potere regale del tuo Figlio
le sorti degli uomini e dei popoli,
sostienici con la forza del tuo Spirito,
e fa’ che nelle vicende del tempo,
non ci separiamo mai dal nostro pastore
che ci guida alle sorgenti della vita.