22 ottobre 2017 – XXIX Domenica del tempo ordinario

RENDETE A CESARE QUELLO CHE È DI CESARE E A DIO QUELLO CHE È DI DIO.
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Is 45,1.4-6 Sal 95 1Ts 1,1-5 Mt 22,15-21

di don Pino Germinario

Pieter Paul Rubens, Il tributo a Cesare, 1612 ca, Young and Legion of Honor museums of San Francisco

Pieter Paul Rubens, Il tributo a Cesare, 1612 ca, Young and Legion of Honor museums of San Francisco

Dopo le tre parabole di Gesù sul rifiuto dei capi del popolo ebraico, l’atteggiamento di questi capi diventa apertamente ostile verso Gesù
Si cerca ogni possibile elemento per poterlo accusare e screditare.
Così ecco due gruppi – i farisei e gli erodiani – i primi contrari e i secondi favorevoli ai Romani, lo avvicinano per sottoporgli una questione, dopo aver perfidamente sottolineato: sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno.
La questione è questa: È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?
Essi pensano che qualsiasi risposta di Gesù potrà diventare un capo di accusa o contro la legge romana o contro la legge ebraica.
Gesù allora senza entrare nella discussione tra i due gruppi né cadere nella trappola che gli era stata tesa, risponde: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

È importante notare che i due termini della frase – Cesare e Dio – non sono affatto sullo stesso piano.
Da una parte c’è il pieno riconoscimento dell’autorità civile verso la quale il cristiano deve operare in piena lealtà perchè ogni autorità viene da Dio e, se esercitata per il bene comune, merita non solo l’obbedienza legale ma anche quella della coscienza morale del cristiano.
Mentre però il rapporto con l’autorità civile è circoscritto ad un preciso ambito limitato e misurabile, il rapporto con Dio riguarda ogni aspetto della nostra vita!
Quando parliamo di Dio, infatti, ci riferiamo a colui nel quale viviamo, ci muoviamo ed esistiamo e al quale dobbiamo tutto.
La relazione con l’autorità civile può essere quantificata, essere espressa in termini di dare e avere.
Questo tipo di rapporto diventa invece impossibile nei confronti del Signore. Nei suoi riguardi ci è detto: Il Signore Dio nostro è l’unico Dio. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. Al Signore dobbiamo dare tutto, quello che abbiamo e più ancora quello che siamo, perché comunque viene da lui, gli appartiene. Nella relazione con lui siamo chiamati ad abbandonare la logica mercantile o servile: Non vi chiamo più servi – ci ha detto Gesù – perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio ve l’ho fatto conoscere.
Siamo dunque invitati a tradurre in modo diverso la frase relativa a Cesare e a Dio. Essa significa: “Date a Cesare come si da a Cesare, in termini di dare e avere, ma date a Dio come si dà al Signore, come si dà ad un padre”.
Non si darà mai a Cesare con gioia, ma sempre per dovere, per obbligo. Al Signore invece con gioia, per amore, liberamente, siamo chiamati a rendere grazie. A Dio diamo con gioia, non perché ci dia, ma perché ci ha dato. Diamo non per dovere, ma per amore.

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