Pasqua 2018 – La gioia dopo il pianto

Copia di Schermata 2018-04-01 alle 23.12.48

Leonardo da Vinci, L’Ultima Cena – particolare

Si parte dall’ultima cena: spazio e tempo dove nasce l’eucaristia e la chiesa, che pur anticipando il mistero della croce, come corpo donato e sangue versato, ha come seguito la fuga degli apostoli, la dispersione per paura della morte; esperienze queste, che in qualche modo contraddicono l’offerta sacrificale del Cristo. Leonardo da Vinci nella sua Ultima Cena o Cenacolo, raffigura Cristo al centro della tavola e gli apostoli collocati in gruppi di tre. L’opera è centrata sul versetto giovanneo: uno di voi mi tradirà (Giovanni 13,21). L’affermazione del Cristo permette all’artista di raffigurare i moti dell’animo degli apostoli, sconvolti e increduli, che si domandano, balbettano qualcosa, provano a rispondere… Mi permetto di interpretare la vicenda di soli tre apostoli messi insieme dall’artista che li colloca alla destra del Cristo: Pietro, Giovanni, Giuda. Guardando come va a finire la storia è evidente che i tre sono totalmente diversi quanto al ruolo, alla scelta e al destino della loro vita: Pietro rinnega il suo Maestro, ma è confermato nella fede dal Cristo e diventa capo della chiesa; Giovanni, il discepolo amato, è l’unico apostolo fedele fino alla morte ed è testimone della risurrezione del Cristo; Giuda, il traditore, il venditore, si uccide perché il suo peccato gli sembra più grande dell’amore del suo Signore. Leonardo mette insieme questi tre apostoli. Perché lo ha fatto? Cosa hanno in comune? Sembra nulla. Ma non è così. A me pare che l’artista voglia nella vicenda di questi tre protagonisti raffigurare nella sintesi dei contrari la complessa vicenda di ogni persona che fa i conti ogni giorno tanto con se stesso quanto con Dio. La persona ama, ma tradisce; promette fedeltà, ma rinnega; è innamorato dell’amore, ma alla prima occasione torna sul proprio egoismo. Ti dico: ti amo fino a morire, ma poi, ti faccio morire perché dico di amarti. E in rapporto a Dio: prometto di fare tanto per Te, ma ti vendo per poco; dico di amarti per amore, ma la verità è che ho bisogno di Te. Manca la gratuità, il disinteresse, l’amarsi per il gusto dell’amore, la prossimità, che è l’altra faccia dell’io. Si è in difetto quanto a volontà di portare avanti impegni presi; non si è più capaci di scelte fino alla fine; l’istinto prevale sulla libertà, quella vera; l’amarsi diventa l’amarmi. Dio non mi sta più di fronte perché lo metto nell’angolo, e lo tiro fuori al bisogno. La risurrezione è la gioia dopo il pianto. È quando pensi che non ci sia alcuna soluzione al tuo egoismo e ti viene offerta un’altra possibilità; quando consapevole dei tuoi tanti errori credi che non ci sia più nulla da fare e invece ti si dà la forza di ricominciare. Quando ferito a morte per una vita sciupata Qualcuno ti dà la forza per rialzarti. È la gioia dopo il pianto, il sorriso dopo l’amarezza, il pianto di gioia oltre ogni angoscia; la speranza oltre la disperazione… è un investimento a perdere? No! Per Dio no. Lui sarebbe disposto a morire ancora una volta per noi. Non c’è logica è vero, perché c’è solo grazia, gratuità, c’è solo amore per amore. Che questo esempio di vita e di morte possa scuotere i nostri cuori induriti e orientare la volontà verso la scelta di una vita che finalmente sia vissuta per amore, solo per amore. Auguri.

Vincenzo Di Palo

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