Don Cosmo Azzollini e Marta Poli
Il visitatore che, entrando nella nostra chiesa parrocchiale, posa lo sguardo sul bassorilievo della tomba di don Cosmo, è attratto subito, tra le immagini giovanili rappresentate, dalla figura di una donna con il capo avvolto da uno “scafandro”; e si chiede cosa c’entri un tale personaggio nella vita del primo parroco, deceduto nel gennaio 1966. La scultura vuole significare l’interesse e il legame spirituale instaurato tra don Cosmo e Marta Poli, un’umile popolana molfettese, deceduta nel 1957, per quasi vent’anni obbligata a vivere nel suo letto da una grave forma di tubercolosi ossea che interessava la colonna vertebrale.
Le sue precarie condizioni fisiche e la povertà materiale in cui viveva non impedirono che la sua stanzetta divenisse quotidianamente meta di popolani, abbienti, sacerdoti, vescovi e religiosi, attratti dalla sua carica di fede vissuta e di misticismo e dal conforto che sapeva donare a quanti l’avvicinavano. Presso di lei affluiva – dato che la fama di santità cominciò a circondarla da subito – tanta gente. Marta riceveva queste persone e parlava loro in un che modo che sembrava molto “strano” per una popolana non istruita.
Il suo linguaggio era semplice, tuttavia il visitatore scopriva un’anima fissata solidamente nella fede in Gesù Cristo. La fiducia indefettibile in Dio, la certezza del suo Amore Infinito che le si manifestava anche attraverso le inevitabili sofferenze, irradiavano su coloro che l’avvicinavano per affidarle le loro intenzioni di preghiera o per chiederle incoraggiamenti o consigli. Anche gli scettici e le persone più prevenute contro Marta erano comunque impressionate dalla sua pazienza nella sofferenza e dalla sua bontà verso il prossimo bisognoso e sofferente. Misteriosi e di difficile interpretazioni erano i carismi che mostrava di possedere, pur non vantandosi mai di essi: le “conoscenze spirituali” con il soprannaturale, la capacità di “leggere” i cuori delle persone, le premonizioni e soprattutto il “male quaresimale”, ossia il digiuno prolungato e assoluto nel periodo quaresimale, tranne la Comunione quotidiana, e l’aggravamento dei suoi permanenti dolori fisici in tutto il corpo fino ad arrivare, il venerdì santo, al deliquio, quasi a morire, dando l’impressione di rivivere nella sua carne la passione di Nostro Signore, per riaversi poi completamente la notte del sabato santo quasi fosse una “risurrezione”.
Questi carismi avevano però il loro aspetto negativo, si prestavano cioè ad essere interpretati come fenomeni soprannaturali. Il popolo si era fatto un giudizio un po’ esagerato sul suo conto. La chiamavano la Santa, nonostante le rimostranze e i dispiaceri di lei che dimostrava così di non approvare questa forma di fanatismo popolare.
Rimane senza risposta la vera natura dei carismi di questa donna che anche la Chiesa locale ha ammirato, pur senza pronunciarsi.
Il libro è tratto da un manoscritto di don Cosmo Azzollini; all’inizio degli anni ’60, quando il ricordo di questa umile donna ancora suscitava interesse ed ammirazione in coloro che l’avevano conosciuta e presso il popolo rimaneva intatta la fama di santità della sua persona, egli iniziò la raccolta di testimonianze per farne una biografia. La sua morte precoce ne fermò la pubblicazione.
Il presente libro cerca di dare una risposta alla domanda di fondo che lo stesso don Cosmo si poneva, pur non avendola mai conosciuta di persona: “Marta Poli è stata una isterica, un’esaltata oppure una Santa?”.
Michele Zanna
“Marta Poli, la Santa” – Edizione La Nuova Mezzina – Molfetta, 2017.