31 marzo 2024 | Comincia la Domenica, comincia una nuova stagione
Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome – le stesse donne che avevano seguito e servito Gesù quand’era ancora in Galilea e che poi, da lontano, erano state ad osservare la scena della crocifissione (cf. Mc 15,40) –, le vediamo ora correre al sepolcro per compiere l’ultimo gesto di pietà verso il loro Maestro: ungere e profumare il suo cadavere.
Prendendosi cura del corpo esangue di Gesù, pensano così di lasciar cadere per sempre il sipario sulla sua vicenda terrena, che tanto aveva segnato le loro vite.
Non erano per nulla in grado di pensare ad una risurrezione.
La sua morte era, per loro, la fine di una storia… la fine di un discepolato.
Tutto lascia pensare a un tramonto! Ma è proprio così? Davvero scende la sera sulla sua vicenda?
Marco, in realtà, non parla di tramonti mesti ma di un’alba meravigliosa, di un inizio luminoso.
Tutto, difatti, accade di buon mattino, «al levar del sole»!
Altro che «ultimo»! Quel giorno è il primo, il primo dopo il Sabato!
Segna un nuovo inizio: comincia la Domenica, comincia una nuova stagione.
Ma le donne ancora non lo sanno! Esse sono convinte che la morte abbia ottenuto la sua vittoria definitiva.
Ma giunte al sepolcro, si rendono conto che «la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande» (Mc 16, 4).È importante questo particolare del racconto per il suo alto valore simbolico: il sepolcro, nella mentalità biblica e giudaica del tempo, era il segno visibile dello sheol, cioè del regno della morte.
Quella pietra tombale ribaltata era perciò la conferma che la «porta degli inferi» era stata ormai sfondata (cf. Mt 16, 18), e che la forza della vita si era per sempre sprigionata in tutta la sua potenza.
Non è stato un evento naturale a farla rotolare via, ma la forza del Padre che ha liberato il suo Figlio dalla morte. La Pasqua è cominciata!
Quanto hanno meditato i Padri sul segno della grande pietra ribaltata! I testi più belli li troviamo in alcuni discorsi di San Pietro Crisologo, il grande Vescovo Ravennate della fine del IV secolo.
Immaginandosi in dialogo con le donne, scrive:
«Chi ci rotolerà la pietra? Ma quale pietra? Si tratta della pietra che c’è davanti al sepolcro o della pietra che grava sul vostro cuore e chiude i vostri occhi? È per questo che non vedete la gloria che esce dal sepolcro spalancato. Cosa farete, allora? Prendete l’olio, che avete acquistato per ungere il corpo del Signore e usatelo per riempire le vostre lucerne. Accendete la luce della vostra fede e tutto vi diventerà chiaro».
Come sento attuali le parole di questo santo Padre della Chiesa!
Non è forse vero che anche noi siamo arrivati a questa Veglia afflitti e preoccupati per quanto sta accadendo nel mondo? Tutti sentiamo di vivere in un tempo cupo, precario e difficile! Tutti abbiamo continuamente negli occhi immagini di violenza, di distruzione, di morte! Per non parlare della paura e della tristezza della vita quotidiana che gravano sul nostro cuore come, appunto, un grande macigno!
Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di alimentarci ad una speranza forte, ad una speranza grande, ad una speranza affidabile, senza la quale tutte le altre speranze, piccole o grandi che siano, non bastano.
Quante volte iniziamo la giornata chiedendoci: ci sarà oggi qualche buona notizia? E alla sera siamo ancora ad attenderla! Prendiamo allora l’olio che adoperiamo per ungere le nostre ferite spirituali e usiamolo per riempire le lucerne della nostra speranza: accenderemo la luce della nostra fede e tutto ci diventerà chiaro!
E lasciamo poi che l’annuncio sconvolgente dell’Angelo –«Gesù Nazareno, il crocifisso (Colui cioè che è morto per amore), è risorto, non è qui!» – ci accompagni in ogni nostra gioia e tribolazione:
Quanto potente e bella è questa parola del Vangelo! Intanto ci dice che ora possiamo rifiutarci di accettare una storia in cui il carnefice ha ragione in eterno. Ma soprattutto ci rassicura che Lui c’è, è vivo, è in giro per le strade del mondo, pronto sempre ad aprire cammini, a spalancare porte, a dare energia nuova alle nostre vite spente.
Ma un altro grande messaggio io lo evidenzierei.
Dicendo: il crocifisso è risorto, l’Angelo ci ricorda pure che la croce non è una tappa superata e ormai inutile. Precisare che a risorgere è il crocifisso, vuol dire che la risurrezione di Gesù non è la notizia di una generica vittoria della vita sulla morte.
Perché, sì, la vittoria sulla morte èuna “grande notizia”! Ma non è ancora la “lieta notizia”.
La vera lieta notizia è la vittoria dell’amore sulla morte.
Solo una vita donata vince la morte! Una vita egoisticamente trattenuta non vince la morte.
Per questo, pur non cambiando nulla attorno a noi (la pesantezza della vita, lo scandalo della morte), noi crediamo che con la Pasqua tutto è diverso.
Forse questa notte ci è dato di capire che cosa è la gioia per noi cristiani: è la possibilità di poter sperare!
È la possibilità di poter sperare, nonostante tutto!
Nonostante la mia durezza, la mia sterilità, la mia cattiveria, il mio dolore.
Ora, questa gioia non può essere gridata: chi la capirebbe?!
E allora?
E allora ce la porteremo dentro come un segreto e cercheremo di farla trasparire, in silenzio e con un sorriso. Augurandoci di assomigliare un poco a quelle persone meravigliose che la vita risorta la sanno testimoniare con la luminosità del loro volto. Perché su di esso è passata la carezza della luce pasquale.
E ripartiremo dalla Galilea, cioè dal momento entusiasmante del nostro primo incontro con Lui, per rischiare ancora con Lui l’avventura che ci ha fatto sentire il fascino e la bellezza di una vita donata.