Lettera del parroco don Angelo Mazzone alla comunità parrocchiale per l’inizio del nuovo anno pastorale
Tacere e riflettere
Saggezza e discernimento cristiano nel tempo della complessità
Lettera per l’inizio del nuovo anno pastorale alle sorelle e ai fratelli della Madonna della Pace
Carissimi,
al crepuscolo di quest’altra estate, come faccio ogni anno, penso al futuro. Mi propongo di fare meglio nel tempo avvenire, di vincere la pigrizia delle vacanze e lo immagino come lo spazio per realizzare questi propositi. La stagione estiva, cominciata in sordina, ha avuto quest’anno il suo culmine con gli episodi della cronaca che tutti conosciamo. Infatti alla notizia del gran caldo che ogni anno domina le pagine dei giornali, si sono aggiunte quelle più drammatiche del crollo del ponte di Genova (proprio la vigilia di ferragosto!), dello sbarco dei profughi della nave Diciotti, degli ennesimi scandali di abusi sessuali nella Chiesa, ecc.. Notizie che ci hanno gettato ancor più nella confusione (oltre che nello sgomento) suscitando dentro di noi sentimenti cupi come l’indignazione e la rabbia.
Si apre per la Chiesa un altro anno pastorale e penso anche a noi e alla nostra piccola comunità di periferia. Mi chiedo quanto questi fatti incidano sul nostro vissuto di fede. Cosa pensano i miei parrocchiani di questi avvenimenti? Leggono la storia (e la cronaca) di questi giorni con gli occhi della fede oppure seguono, come fa la bandiera col vento, il fraseggio violento di quelli che gridano di più? Ho paura che, stando anche a quello che dicono i sondaggi, anche noi della cattolicissima Molfetta, che vanta di aver avuto come vescovo il servo di Dio Don Tonino Bello, che il 20 aprile scorso si è fermata muta di fronte all’uomo che ha avuto il coraggio di impugnare il pastorale del profeta della pace e dell’accoglienza; noi che lacrimiamo commossi davanti alle statue del venerdì santo come davanti a quella della Madonna dei Martiri, siamo stati avvelenati dallo stesso morbo che colpisce ormai una grande fetta della popolazione italiana e che ha come sintomi la demagogia, l’egoismo, l’arroganza, l’impudenza, la narrazione violenta, il parlare senza cognizione di causa, ecc..
Credo allora che forse mai come in quest’ora della storia della Chiesa e della società italiana sia giunto il momento di procedere con un altro passo. Cercando di comprendere che “i giorni sono cattivi” (Ef 5,16) e che coloro che semplificano la complessità del nostro tempo a suon di sentenze e soluzioni facili non rendono un buon servizio alla collettività. Sono degli incantatori di serpenti! Credo che di fronte a problemi sempre più complessi e rapporti sempre più interconnessi sia indispensabile procedere con quell’arte che nella formazione e nella spiritualità cristiana è chiamata discernimento. Il cristiano, ogni cristiano, è chiamato a scrutare il panorama sociale, cultuale che si spalanca davanti a sé e di leggerlo alla luce della Parola di Dio. Mi vengono in mente le parole di Gesù: “Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?”(Lc 12,56). Come anche mi tornano in mente le parole del Concilio che nella Gaudium et Spes ci ricorda che la Chiesa, per essere fedele alla sua missione, deve “scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo”. È un “dovere permanente della Chiesa” (GS 4).
C’è bisogno dunque di mettere a tacere ogni pretesa di avere la parola pronta al momento giusto, di dire la propria su tutto e su tutti, di sparare sentenze perentorie e spietate e di imparare a tacere e riflettere, ad ascoltare e pensare. La Parola di Dio ci ricorda che “C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”(Qo 3,7). Credo che questo tempo, in cui tutti sanno tutto di tutto (e di tutti…), sia il tempo giusto per tacere. C’è bisogno, soprattutto nelle nostre comunità, di riscoprire il valore del silenzio e del discernimento per le grandi e le piccole scelte di ogni giorno. Anche per scegliere se parlare o tacere. I nostri genitori, nella loro saggia semplicità, ci dicevano sempre che bisogna contare fino a dieci prima di parlare! E la civetta, che vede nella notte, (bassorilievo del Monastero di Bose in epigrafe) simbolo del discernimento, ci ricorda che più si sa più si tace e viceversa. Nella Bibbia Salomone chiede al Signore come dono più grande di tutti quello del discernimento, cioè la capacità di giudicare ciò che è bene e ciò che è male, nell’esercizio della propria responsabilità. (Cfr. 1Re 3,7.9 e ss).
Ecco allora tre passaggi che mi permetto di suggerire a voi e a me in quest’ora particolarmente complessa dal punto di vista politico, sociale ed educativo come vero e proprio “itinerario spirituale” e pedagogico che ci porti, a livello personale e comunitario, ad un autentico discernimento cristiano, e quindi a fare scelte più coerenti e sagge. Innanzitutto chiedere al Signore, nella preghiera, il dono del discernimento! Come Salomone… E successivamente:
1. RICONOSCERE ovvero ASCOLTARE LA REALTA’
“Dammi Signore, un cuore cha ascolta” (1 Re 3,9). Il riconoscimento riguarda innanzitutto gli effetti che gli avvenimenti della mia vita (ovvero le persone che incontro, le parole che ascolto o che leggo, ecc..) producono sulla mia interiorità. Essi corrispondono a una gamma di desideri, sentimenti, emozioni (Amoris laetitia, 143) di segno molto diverso: tristezza, oscurità, pienezza, paura, gioia, pace, senso di vuoto, tenerezza, rabbia, speranza, ecc.. In prima analisi bisogna indagare la nostra interiorità, capire ciò che si muove dentro di noi e dargli un nome.
2. INTERPRETARE ovvero RILEGGERE LA STORIA
E’ il momento dell’astrazione. Per fare questo bisogna essere capaci di rendersi conto degli effetti dei condizionamenti sociali e psicologici che i media e le informazioni hanno su di noi. Richiede di mettere in campo anche le proprie facoltà intellettuali, senza tuttavia cedere al rischio di costruire teorie astratte su ciò che sarebbe giusto o bello fare. Si tratta di recuperare il passato e la memoria, di approfondire, di passare dalle storie di Instagram o di Whatsapp, alla Storia, quella vera. E imparare da quella Storia, che Cicerone definiva “Magistra vitae”. Si tratta anche di abbandonare definitivamente i “non luoghi” della realtà virtuale e dei social, per recuperare lo spazio vitale dell’incontro. Passare dal blog al libro, dal pettegolezzo alle fonti, dalla velocità del tweet alla slow life (cfr. Lamberto Maffei, Carl Honoré, ecc).
3. SCEGLIERE ovvero DECIDERSI, AGIRE
Solo dopo questi lunghi passaggi giunge il momento di uscire da questo apparente empasse della riflessione e schierarsi. Totalmente. Definitivamente. Ciò implica l’assumersi in proprio la responsabilità della scelta nel senso più profondo del termine (rispondere agli altri di ciò che si fa). Si tratta di una decisione di vita, dell’impegno dell’intera persona; e ciò che deve sovrintendere a quest’atto di libertà non sono i like o qualche tornaconto personale, ma la coscienza e il bene comune. (!!!)
La scelta è un’esperienza che richiede di esercitarsi anche a rinunciare e a pagare di persona. La decisione fattiva e la rinuncia sono finalizzate a un solo semplice scopo: amare un po’ di più, amare un po’ meglio. «Nel momento presente, discerniamo come concretizzare l’amore nel bene possibile, commisurato al bene dell’altro» perché «il discernimento dell’amore reale, concreto e possibile nel momento presente, in favore del prossimo più drammaticamente bisognoso, fa sì che la fede diventi attiva, creativa ed efficace». (Papa Francesco, Discorso ai parroci di Roma, 2 marzo 2017).
Possano essere queste riflessioni come binari su cui far andare avanti la nostra comunità e ciascuno di noi in questo anno; il decimo che il Signore ci dona di vivere insieme. E la Madonna della Pace, maestra del silenzio e del buon discernimento, continui a vegliare su di noi.
Buon anno pastorale a tutti!
Molfetta, 8 settembre 2018 Don Angelo
Natività della B.V. Maria Vostro parroco