Lettera del parroco don Angelo Mazzone alla comunità per la Quaresima, nel periodo del distanziamento sociale
“Come un pellicano
del deserto” Sal 102,7
Nutrìti da Cristo e dalla Chiesa nel deserto di una storia difficile
Proposta per un itinerario spirituale per la Quaresima alle sorelle e ai fratelli della Madonna della Pace nel tempo dell’emergenza COVID-19
Carissimi,
quest’anno non sono riuscito a scrivervi una lettera per la Quaresima, così come faccio ogni anno, proponendomi di “raggiungervi” in itinere con un testo che ci aiutasse a camminare insieme a tutta la Chiesa nel tempo di grazia che stiamo vivendo.
Nessuno avrebbe potuto immaginare che in due settimane invece le cose sarebbero precipitate in questo modo. Sono da poco passate le 9 del mattino e sono qui sotto l’ulivo della parrocchia dopo che da due giorni il “coprifuoco” totale è sceso sulla città già deserta da tempo e così su tutta l’Italia. Stabilendo definitivamente, almeno fino al 25 marzo, una situazione surreale e incredibile. Si tratta, come sappiamo, dell’emergenza sanitaria relativa alla diffusione del COVID-19, virus che ha sconvolto la nostra vita stravolgendone gli assetti principali e costringendoci a modificare drasticamente e velocemente le nostre abitudini e, ahi noi, forse anche i nostri rapporti.
Sembra che la paura del contagio e il pericolo strisciante di infettare ed essere infettati abbia generato un caos nelle nostre menti e una piccola paralisi alle nostre relazioni. Proliferano parole e dibattiti in televisione cosicché da un lato ci sentiamo tutti virologi e infettivologi e dall’altro c’è chi invece banalizza il problema o già grida al complotto internazionale… Si moltiplicano da un lato gli slogan e gli hashtag come #iorestoacasa mentre dall’altra parte tutti corriamo ad accaparrarci i beni di consumo: non si sa mai!… C’è chi “scarica”App gratuite per comunicare in gruppo a distanza e la piattaforma Skype sembra essere diventato il “porto sicuro nel quasi universale naufragio”… Mi tornano in mente gli scenari tratteggiati ne “La peste” da Camus. Insomma una grande bailamme che, come detto, a mio avviso modificherà (ancora più profondamente) le nostre relazioni e darà un altro duro colpo alla vita delle nostre comunità e alla celebrazione della nostra fede che negli ultimi anni era già in caduta libera…
Qualcuno ha paragonato questa pandemia ad una guerra e, di fatto, le ripercussioni economiche globali (e segnatamente in Italia) saranno notevolissime. Basti pensare solo al tonfo della Borsa di ieri: -17%!! Certamente ci vorranno alcuni anni per riprenderci, ma credo che richiederà ancora più tempo la cura dei rapporti umani avvelenati dal clima di paura e di sospetto che si può toccare con mano: “Sto bene? I miei figli stanno bene? Sarò mica un portatore sano?” L’isolamento è sempre più totale. Pur surrogato dalla possibilità di comunicare comunque a distanza e dalla fiducia sui potenti mezzi della tecnologia che ci inducono a credere nel fatto di poter continuare a fare tutto da casa (la scuola online, il lavoro via web, le amicizie virtuali e altre castronerie del genere…) e che tutto sommato è cambiato poco e che ci sono diversi lati positivi in questa storia. Per esempio qualcuno sostiene che abbiamo recuperato lo stare insieme in famiglia che, in qualche modo, siamo “costretti” a parlare di più a casa. Peccato che invece si viveva (e si continua a farlo) come coinquilini solitari: i figli bivaccano sepolti insieme ai loro smartphone nelle proprie camerette (“navi senza nocchier in gran tempesta”..), i papà sono alla scrivania davanti ai loro mac e leggono e rispondono alle mail e le mamme sono davanti ai loro tablet con le amiche della scuola di tango o del corso di pilates (anch’esse purtroppo inesorabilmente chiuse). Viviamo insieme dunque ma non stiamo insieme, condividiamo degli spazi e nient’altro… Pertanto se il dopoguerra fu una stagione di resurrezione nazionale perché bisognava ricostruire le case, qui non credo che riusciremo a ricucire e a ritessere rapporti e relazioni sfilacciate a forza di “io resto a casa”. Per carità la posta in gioco è altissima (la salute al primo posto!) ma l’aver compromesso le relazioni credo che sia una cosa difficilissima da ricostruire. Non basta la pur vera promessa del presidente Conte: “Torneremo a riabbracciarci più di prima!” È certamente vero ma ciò che temo è che per tornare a prenderci per mano come comunità ci vorrà molto di più e molto altro.
In giro dunque non c’è più nessuno e anche nelle nostre chiese, nonostante fossero state vietate solo le cerimonie religiose (messe, matrimoni, e funerali) non passa anima viva (e neanche morta visto che hanno proibito i funerali!). E dopo l’ultimo decreto del presidente del Consiglio in molte parti d’Italia le chiese sono state definitivamente chiuse (e temo che presto lo saranno anche qui). Se penso a noi e alla nostra comunità ho una stretta al cuore! Dov’è il buon senso? Dov’è finita la misura? Qualcuno ci può multare perché da soli decidiamo di fare quattro passi e andare in chiesa a pregare? E se avessimo bisogno di confessarci? La risposta già la conosco: “Don Angelo, si può pregare anche da casa! Siamo in una situazione emergenziale!!!”
Dal canto nostro abbiamo già chiuso le chiese e pensiamo che tutto si possa risolvere con una Messa in streaming, con un video-rosario, con l’adorazione online o altre trovate simili. Brancoliamo nel buio e, temendo di sbagliare e peggiorare la situazione, prolunghiamo questa situazione di stallo e di inerzia e preferiamo chiudere. Chiudere! Abbiamo blindato tutto in nome del sacrosanto rispetto delle disposizioni, della tutela della salute degli altri e nostra, nonché del lavoro del personale medico e ausiliario ormai al collasso. E, come si fa con uno che ha mal di testa e per guarirlo gli tagli la testa, così noi abbiamo optato per le soluzioni radicali. Anche noi preti, notoriamente impegnatissimi, abbiamo improvvisamente scoperto di avere tanto, tanto tempo libero… e sono diventate tristemente attuali per noi le parole del Profeta Geremia: “Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare.” Ger 14,18
Allo stesso modo risultano fortemente evocative le immagini del Salmo 102 che propongo alla nostra riflessione: “Sono simile a un pellicano del deserto, sono come un gufo tra le rovine. Veglio e gemo, come un uccello solitario sopra un tetto.” Sal 102,7-8
Sì, il tempo della tristezza e dell’angoscia può generare l’accidia e l’ignavia quando da sempre è vero il contrario. La crisi, il crash, notoriamente sono momenti in cui la nostra umanità sviluppa la propria creatività. Si dà da fare insomma. Noi invece rischiamo di continuare a girare per il paese e non sapere che cosa fare… Il nostro immobilismo nel frattempo può indurre i fedeli a fare scelte sbagliate a seguire le tante voci che si moltiplicano nei nuovi luoghi di ritrovo virtuali: Instagram, Whatsapp, Facebook.
Invece questo è il tempo della creatività che non è soltanto trovare un espediente tecnologico per supplire alla mancanza di relazioni. Il gufo, attento tra le rovine, veglia e scruta cercando qualcosa che si muove. Il pellicano si dà da fare perché i suoi piccoli abbiano il loro nutrimento. Pesca per i suoi piccoli al largo trattenendo la preda nella sacca del suo becco e, una volta raggiunto il nido, apre il becco tenendo la punta dello stesso rivolta al suo petto onde facilitare ai pulcini la presa del pesce. In questa delicata operazione spesso, si ferisce e rimane con il petto sanguinante. Questo, nei secoli ha contribuito a generare l’idea che il volatile nutriva i piccoli con la sua stessa carne similmente a Cristo nell’Eucarestia.
La Chiesa (e io per voi!), come il pellicano del deserto fa con i suoi piccoli, in questo tempo enigmatico e pericoloso, dovrà assicurare il nutrimento non tanto facendo affidamento agli stratagemmi della tecnologia quanto piuttosto riscaldando il cuore dei fratelli con il calore delle parole buone! Non potrà dare il pane dell’Eucaristia nei sacramenti ma dovrà farlo attraverso la forza dei simboli e soprattutto con la potenza della Parola.
Ecco allora alcune azioni concrete che vi propongo come nutrimento per aiutarci a sopravvivere al deserto delle relazioni e al digiuno dei sacramenti:
- Ogni mattina, da oggi fino a Pasqua, la chiesa sarà aperta dalle 8 alle 10 del mattino e dalle 16 alle 18:30. E io sarò qui a vegliare. È il nostro nido!
- Ogni mattina alle 8 (circa), da oggi fino a Pasqua, vi raggiungerò con un piccolo messaggio (max tre minuti) con un brano della Parola di Dio del giorno e un’immagine a commento (un’opera d’arte);
- Ogni sera alle 21 circa, da stasera fino a Pasqua, vi invierò un pensiero per la buonanotte (una poesia o un testo breve);
- La domenica, come ogni giorno, la chiesa sarà aperta alle 8. Celebrerò soltanto la messa alle 8,30 (a porte chiuse) e pregherò per voi; Alle 10,30 vi raggiungerò con un messaggio un po’ più lungo contenente il vangelo della Domenica e l’omelia;
- Sarebbe bello se, nei momenti di (tanto) tempo libero, scriveste una lettera di risposta a questa o di riflessione e me la lasciaste in chiesa; oppure potreste inviarmi una mail a pavonecreativo@virgilio.it;
- Per quelli più audaci (adulti) possiamo fare anche quattro chiacchiere sul sagrato della chiesa (a un metro e mezzo di distanza): 15 minuti! Direte che avevate bisogno di confessarvi e di parlare con un prete: non vi può multare nessuno!
Carissimi, potete soltanto immaginare quanta amarezza c’è nel mio cuore e nel cuore della Chiesa. Quanto sono tristi e vuoti questi grandi spazi senza di voi. Quanto è triste per me celebrare l’eucaristia senza i fedeli della Madonna della Pace, senza incrociare i vostri sguardi. Quanto mi mancano i vostri volti in questa chiesa. Quanto è surreale il silenzio che regna negli ambienti della canonica e delle strutture parrocchiali soprattutto oggi che è venerdì e non ci saranno i nostri ragazzi!..
Vi invito a pregare e a vegliare ancora sulle rovine… certi che l’irruzione della Pasqua nella nostra storia è ormai vicina! È vicina! Il Signore Risorto, rialzerà la capanna di Davide, che è caduta; ne riparerà le brecce, ne rialzerà le rovine, la ricostruirà come ai tempi antichi. (Cfr. Am 9,11)
Vi affido a Maria con le Parole del Papa. Vi voglio bene!
Molfetta, 13 marzo 2020
Don Angelo
Vostro parroco
O Maria,
tu risplendi sempre nel nostro cammino come segno di salvezza e di speranza. Noi ci affidiamo a te, Salute dei malati, che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù mantenendo ferma la tua fede.
Tu, Salvezza del nostro popolo, sai di che cosa abbiamo bisogno e siamo certi che provvederai perché, come a Cana di Galilea, possa tornare la gioia e la festa dopo questo momento di prova.
Aiutaci, Madre del Divino Amore, a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce, alla gioia della resurrezione. Amen.
Sotto la Tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.