Del Servo sofferente, cantato dal profeta Isaia, si dice che «era come agnello condotto al macello» (53,7). In aramaico è curioso notare che esiste un vocabolo, talya’ , che significa sia “servo” sia “agnello”. Con questa interpretazione, che collega l’agnello al Servo del Signore, possiamo spiegare la locuzione Giovannea: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29) e il riferimento all’agnello quando l’evangelista ricorderà che al Cristo crocifisso non vengono infrante le gambe, proprio come accadeva all’agnello immolato a Pasqua che non aveva nessun osso spezzato (Gv 19,36). Del Servo messianico si scrive anche che «si era addossato i nostri dolori… portava il peccato di molti» (Is 53,4.12). Il verbo ebraico usato, nasa’ , indica sia “portare” sia “togliere”. I due significati sono in pratica omogenei: il Messia, e quindi Cristo, si addossa su di sé il male dell’ umanità per cancellarlo, lo porta per toglierlo via.
Da questa brevi considerazioni sull’origine delle parole della nostra fede, sulla loro potenza evocativa in riferimento a un simbolo tipicamente pasquale come l’agnello, ecco gli auguri per voi, carissimi fratelli e sorelle della Madonna della Pace, in questa Pasqua, seconda in tempo di pandemia.
Il Signore Risorto ci aiuti, in questo passaggio particolarmente difficile, ad ubbidire alla vita come ci insegna questo antico simbolo cristiano. Ci insegni la mitezza nell’affrontare le grandi difficoltà dell’ora presente. Ci indichi la via del silenzio e della fiducia per udire la voce del Buon Pastore che ci chiama per nome suscitando nel nostro cuore la gioia: quella vera.
don Angelo Mazzone