Nel riprendere, dopo una pausa piuttosto lunga, le nostre riflessioni sul sacramento della Penitenza, mi sembra opportuno richiamare alla nostra memoria quanto già esposto. Si è evidenziata, in primo luogo, la necessità di risolvere l’annosa crisi che allontana tantissimi fedeli da questo Sacramento, superando sia la falsa convinzione di un possibile rapporto diretto del penitente con Dio, che escluda completamente la mediazione della Chiesa con un suo Ministro a ciò ordinato, come anche quella di essere irrimediabilmente schiavi del peccato e, per tale motivo, definitivamente indegni di perdono.
Abbiamo, così, compreso la necessità e la bellezza di questo Sacramento che, riconciliando il penitente con Dio, con i fratelli, col creato e con sé stesso, diventa, per chi lo riceve, fonte di indicibile gioia e di interiore pace. È la sensazione che certamente abbiamo anche noi sperimentato dopo una confessione ben fatta. Abbiamo, infine, compreso quanto sia necessario alimentare continuamente la nostra fede attraverso un progressivo cammino di conversione che ci conduca ad un sincero pentimento e ad odiare e detestare il peccato non tanto per il timore delle sue conseguenze (attrizione), quanto perché offesa all’amore infinito del Padre (contrizione) e che, senza queste disposizioni interiori, qualsiasi confessione si riduce a una mera osservanza del tutto esteriore di un precetto.
Attribuire giusto rilievo all’infinita misericordia del Padre, non solo sempre pronto al perdono ma addirittura instancabile nel sollecitarne in noi, nei tempi e nei modi più imprevedibili, l’esigenza, non può, tuttavia, assolutamente diventare motivo di rilassatezza, rendendoci meno vigili nell’allontanare i nostri comportamenti negativi nell’erronea certezza di una grazia “a buon mercato” o nell’illusione di poter rimandare a nostro piacimento la conversione.
«Qui creavit te sine te, non salvabit tre sine te», ammonisce Sant’Agostino. La giustizia di Dio, mai separabile dalla sua infinita misericordia, esige la nostra necessaria partecipazione nel ricevere il perdono. Il perdono, come ci ricorda papa Francesco, «non è frutto dei nostri sforzi, ma è un regalo, è un dono dello Spirito Santo, che ci ricolma del lavacro di misericordia e di grazia che sgorga incessantemente dal cuore spalancato del Cristo crocifisso e risorto» (Udienza del 06/03/2014), ma che richiede sincera corrispondenza da parte nostra. Il santo “timor di Dio” (che non significa tanto aver paura di Lui e della sua ira, quanto tributarGli rispetto, obbedienza e attaccamento figliale), dono dello Spirito Santo, non deve farci dimenticare che il perdono da parte di Dio bisogna desiderarlo, chiederlo incessantemente e, soprattutto, riceverlo maturando il fermo proposito di una effettiva e definitiva conversione.
Gaetano la Martire