Cambiare, perché non bisogna temere il cambiamento autentico nella vita?

parrocchia san bernardino molfetta - cambiare vita consapevolezza vangelo parola di dio«Decise di cambiar vita, di approfittare delle ore del mattino. Si levò alle sei, fece la doccia, si rase, si vestì, gustò la colazione, fumò un paio di sigarette, si mise al tavolo di lavoro e si svegliò a mezzogiorno». Ennio Flaiano, nel suo “Diario notturno”, ci consegna il grigio ritratto di un personaggio che lascia cadere il suo buon proposito di cambiar vita nel torpore dell’ozio, dell’indolenza e dell’abitudine. Un atteggiamento paradossale il quale però può aiutarci a scorgere in filigrana una realtà.

Il verbo “cambiare”, dal greco kamptein, è l’atto di curvare, piegare. Da esso deriva il cambiamento: la possibilità di girare intorno ad un ostacolo per creare una situazione nuova. Accettarla però, in quanto frutto della rottura di un equilibrio rassicurante, è tutt’altro che comodo. Soprattutto, quando si ha la pretesa di “curvare” verso posizioni nuove, prescindendo da un dialogo sincero con se stessi. Proprio Cristo, che conosceva i cuori e le menti umane, aveva iniziato la sua prima breve predica proprio con questo imperativo greco: metanoéite, «cambiate mentalità», cioè cambiate vita, convertitevi!

Oggi, più che mai, dietro il cambiamento sembra nascondersi ogni criticità, individuale o collettiva. Quasi fosse la soluzione a tutti i mali.  Eppure siamo di continuo chiamati ad affrontare moltissimi cambiamenti ad una velocità straordinaria: il cambiare diventa tanto frenetico da trasformarsi in incoerenza, superficialità, contraddizione.

Il cambiamento autentico, invece, quello che trasforma, ha bisogno di tempo: parte dalla consapevolezza di quello che si è e delle condizioni nelle quali si vive. Attraversa il faticoso discernimento delle ragioni che portano a scegliere azioni, parole e comportamenti diversi, dunque a nuove forme di vita.

parrocchia san bernardino molfetta - cambiare vita consapevolezza vangelo parola di dioIl cambiamento autentico fa i conti poi con la resistenza: non si tratta di pigrizia mentale o di ingiustificato diniego. Essa cela una forma istintiva di protezione di sé. Altre volte, esige maggiore comprensione e maggiore chiarezza circa la meta che il cambiamento realizza. Per questo, il cambiamento necessita di un accompagnamento. Come è possibile affrontare da soli la fatica di liberarci della stessa immagine di noi, forse sbagliata eppure rassicurante? E puntare piuttosto su una sconosciuta, dai confini inediti?

Per cambiare ci tocca affrontare l’ignoto, riconoscerci polvere e lasciare che sia il soffio di qualcun’altro a plasmare una forma nuova. In questo processo paziente, la fiducia, dunque l’amore, ci guidano. Non a caso la realtà morale fondamentale delle religioni è la conversione, che presuppone appunto un mutare strada, un invertire la rotta di una deriva, un «cambiare mentalità», un’apertura all’incontro quale condizione di arricchimento interiore, sorgente di novità e di solidarietà.

Quanta fatica, allora, ci costa cambiare eppure non abbiamo alternative, noi viventi: «Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia mai la marcia, chi non osa mai rischiare o cambiare il colore dei suoi vestiti, chi non parla mai a chi non conosce» (Neruda).

 

don Francesco de Leo
diacono

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