Non si può parlare della pienezza dell’amore senza narrarlo come “appassionato” (cf. AL 142-162). «Ci deve essere qualche ragione per il fatto che un amore senza piacere né passione non è sufficiente a simboleggiare l’unione del cuore umano con Dio: “Tutti i mistici hanno affermato che l’amore soprannaturale e l’amore celeste trovano i simboli di cui vanno alla ricerca nell’amore matrimoniale […] E il motivo risiede giustamente nella sua totalità”» (AL 142).
Evidenziando la “dimensione erotica dell’amore”, in Amoris laetitia Papa Francesco scuote i cristiani sulla valorizzazione della “passione erotica”, quale sfaccettatura essenziale dell’unione coniugale, assieme ed oltre all’affettività, alla spiritualità, all’oblatività e alla tenerezza, nonché educa al concetto di “eros”, usandolo ben otto volte, in più varianti lessicali, proprio perché «Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature» (AL 150).
Ci sarebbe da chiedersi, quindi, tra eros e agape vi è contrapposizione o complementarità? L’eros indica passione, pulsione, attrazione in un amore trascinato dall’istinto, dalla pura spontaneità di emozioni e sentimenti, concentrati prima su di sé e poi sull’altro. L’agape è l’amore gratuito, assoluto, incondizionato, offerto senza chiedere nulla in cambio, in cui il desiderio del bene dell’altro è prioritario rispetto al proprio, come l’amore di un genitore che è disposto a tutto per i propri figli.
Ci guida nella riflessione la consapevolezza che siamo corpo, spirito ed anima, siamo una uni-totalità in cui è doveroso valorizzare ed esprimere compiutamente tutte le varie e complesse dimensioni dell’essere umano, armonizzandole, e non privilegiandone una a discapito dell’altra: eros e agape sono complementari non contrapposti.
L’eros senza agape è un corpo senz’anima, l’agape senza eros è un’anima senza corpo. La pienezza dell’amore è nella perla racchiusa tra questi due gusci, egualmente importanti. «Non si possono separare queste due dimensioni dell’amore senza distruggerlo, così come non si possono separare tra loro idrogeno e ossigeno senza privarsi dell’acqua» (R. Cantalamessa).
Un eros chiuso in sé non sarà mai appagante, non colmerà il desiderio; così un’agape senza desiderio, senza coinvolgere la carne, non sarà mai con-tatto e rimarrebbe astratto, distaccato, formale e freddo. Occorre risignificare la forza del desiderio che muove le due facce dell’amore: nell’eros c’è un’esaltazione amorosa dell’altro idealizzato, cercato unicamente come soddisfacimento del proprio bisogno, poi, però, l’altro va accolto e amato nella sua realtà, superando il proprio egoismo, affinché la delusione non sopraggiunga a spegnere la relazione; nell’agape l’esperienza amorosa non soggioga, non si appropria dell’altro, non ne cerca il possesso, lo valorizza per ciò che è, in maniera del tutto disinteressata, con un coinvolgimento che però non deve essere solo platonico.
Se consideriamo le due forze ciascuna per sé, l’eros potrebbe essere sinonimo di sterilità affettiva, con uso e consumo di trasporti emozionali e annesse delusioni; agape senza eros, invece, potrebbe creare unioni solide nell’affettività, tuttavia penalizzate nel vivere quell’irrinunciabile energia che è l’essere “una sola carne”. Perché, dunque, contrapporre eros ed agape! Eros è trasformato e potenziato da agape, agape contaminandosi con eros ambisce alla pienezza dell’esperienza amorosa.
L’eros è tendenzialmente una forza centripeta che tende ad inglobare tutto presso sé, a racchiudere l’altro egoisticamente nel proprio spazio, per appagare il proprio bisogno; l’agape, invece, è una forza centrifuga, capace di andare verso tutto ciò che la circonda, con le braccia spalancate e a mani aperte per dare tutto di sé, senza trattenere nulla.
Agape è la dimensione dell’amore riconosciuta nella storia del Cristianesimo quale misura dell’amore di Gesù Cristo, smisurato fino al dono totale di sé; tuttavia, pure eros è fortemente biblico nella narrazione dei primi capitoli di Genesi e nella poesia del Cantico dei Cantici, scritti riscoperti dalla “teologia del corpo” e dalle “Catechesi sull’amore umano” di Papa Wojtyła, con la rivalutazione della corporeità e della sessualità. Anche con Papa Ratzinger si rafforza la consapevolezza che: «Sì, amore è “estasi”, ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé» (Deus Caritas Est 6).
Così si giunge alla visione dell’eros vissuto nell’orizzonte dell’agape e dell’agape vissuto nell’orizzonte dell’eros, laddove il desiderio si sublima e si vive come dono totale di sé nell’intimità dell’atto d’amore, carnale e mistico insieme. Così fare l’amore è darsi totalmente all’amato, ogni volta in modo unico, con il trasporto passionale del corpo, con il particolare stato d’animo del momento, con la più profonda complicità dei pensieri, spogliandosi di tutto di sé per arricchirne l’altro, mai rimanendone annullato, ma sempre a propria volta arricchito dalla spogliazione altrui: questo è essere una carne sola!
E questa estasi è la gioia dell’amore, è pienezza, è significato sponsale del corpo, ossia la sua capacità di esprimere l’amore e di donare amore. Toccare il corpo è come entrare nello spazio sacro dell’altro e nel rispetto di tale sacralità l’eros ha sempre come suo destino il dono. «L’erotismo più sano, sebbene sia unito a una ricerca di piacere, presuppone lo stupore, e perciò può umanizzare gli impulsi. Pertanto […] possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi. Trattandosi di una passione sublimata dall’amore che ammira la dignità dell’altro, diventa una “piena e limpidissima affermazione d’amore” che ci mostra di quali meraviglie è capace il cuore umano, e così per un momento “si percepisce che l’esistenza umana è stata un successo”» (AL 151-152).
Cassiana Albanese
consulente familiare