Felicità, il sincero accordo tra un uomo e la vita che conduce

sancilio evotech molfetta - felicità benessere coerenza serenità vangeloQuante volte nelle pagine di tutte le letterature echeggia la parola “felicità”o suoi sinonimi, come gioia, godimento, piacere, benessere e così via.

Il recente Rapporto della Commissione Salute dell’Osservatorio europeo su sistemi e politiche per la salute associa la felicità ad uno «stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società». La felicità sarebbe un derivato del benessere: una condizione che coinvolge la persona in maniera integrale: nella sua dimensione fisica ed emotivo-affettiva, e in quella sociale e spirituale. Non si limiterebbe al solo «benessere economico».

Dal composto latino bene ed esse con il significato di percezione di comfort, sembra che la parola benessere sia nata nel XVIII secolo. Molto più ricco è tuttavia il corrispondente greco di benessere: eudaimonìa. Termine che ha attraversato la filosofia antica, dai Presocratici ad Aristotele. Composto da eu (buono) e dàimon (genio, demone, divinità), non si identifica né con la semplice felicità né con la occasionale serenità. L’eudaimonìa è l’essere posseduti da un «buon demone», che indica lo scopo della vita e che, proprio per questo, orienta i comportamenti e i progetti della persona, portandola all’autentica realizzazione di sé.

Assenza di benessere, di conseguenza, vuol dire percepire la mancanza di obiettivi verso cui indirizzare le proprie energie, e la povertà di significato nelle proprie aspirazioni. Invece, cercare il benessere è prendersi cura delle proprie incertezze, insoddisfazioni, paure del futuro, ansie e frustrazioni. Per superarle.

sancilio evotech molfetta - felicità benessere coerenza serenità vangeloIl benessere è per lo più soggettivo, non predefinito né del tutto standardizzato. Né tantomeno raggiungibile con bagni di vapore, creme, oli e incensi profumati.

Nella frase con cui abbiamo aperto, tratta da uno dei racconti della Caduta (1956) dello scrittore francese Albert Camus si staglia un nuovo e inatteso sinonimo da aggiungere, la coerenza. Quando la tua coscienza ti testimonia che hai vissuto bene, facendo fiorire i tuoi talenti, donandoti agli altri, amandoli come ami te stesso, allora si sente salire dal cuore quell’esperienza quasi divina che è la felicità autentica.

Ecco, la coerenza è la fonte della serenità profonda dello spirito anche quando fuori si agita il vento della prova e della fatica. Ed essere coerenti non è basato su un atto solitario: «la felicità non è una marcia solitaria». Ovvero: la felicità è reale solo se condivisa, si potrebbe dire con le parole di Christopher, il protagonista sfortunato di Into the Wild (2007), che aveva tentato la sua marcia solitaria, ma appunto perciò vana, verso la felicità.

 

don Francesco de Leo
diacono

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