Con il Convegno pastorale diocesano dello scorso 19-20 settembre la nostra Diocesi è entrata nella seconda fase del Sinodo della Chiesa italiana, quella sapienziale, dedicata alla lettura spirituale delle narrazioni emerse. In quest’ottica, il tempo del discernimento aiuterà a individuare quali dinamiche ecclesiali devono essere modificate per promuovere la missione, rendendo alcuni meccanismi più snelli e più capaci di annuncio del Vangelo.
In accordo con la Redazione del giornale parrocchiale e con il parroco, don Raffaele, abbiamo ritenuto opportuno aprire, almeno per questo anno pastorale, una nuova rubrica con cui approfondire alcuni aspetti del Sinodo.
Non faremo riferimento ai “massimi sistemi”, ma a come accompagnare gruppi e comunità nello stile sinodale. L’augurio è che questa rubrica possa essere ed esserci di aiuto, anche nella gestione sapienziale delle nostre relazioni interpersonali e delle dinamiche di gruppo.
Ci faremo aiutare da un volume uscito proprio a fine settembre, edito da EDB e redatto dalla dott.ssa Laura Ricci (psicologa, docente universitaria e presidente dell’Associazione “Doceat”) e dal dott. Luca Vitali (teologo spirituale, scrittore, già direttore del Centro missionario diocesano di Forlì): “Prendersi cura del cammino sinodale”.
Gioia e fiducia
Senza dubbio, l’Introduzione del libro delinea già i tratti fondamentali di una Chiesa e, dunque, di una comunità parrocchiale sinodale. «Per dar vita a processi sinodali autentici, occorre far sentire le persone al sicuro, utilizzando un atteggiamento brioso, empatico e accogliente. Si crea un tale clima di fiducia conciliando la capacità adulta di scelte ragionate e responsabili (comportamento appropriato al qui ed ora in ogni fase della vita) con le qualità bambine di immaginazione sogni e curiosità (la vitalità dell’individuo)».
Le risorse migliori
Solo il clima di gioia e fiducia «crea un Noi che attiva e fa fiorire le risorse migliori, un Noi guidato dal soffio potente dello Spirito che conduce coraggiosamente verso il mare aperto di ciò che è nuovo».
«È lo Spirito che sta chiamando la chiesa fuori dalle sacrestie delle sue strutture mentali, degli schemi che rischiano di incastonare persone e storie dentro forme rigide di un “rassicurante” già visto e già noto – così continua l’Introduzione -. […] La Chiesa che vorremmo imparare e sognare e ad abitare dovrebbe essere una realtà capace di comprendere, accompagnare e accarezzare con la libertà di poter innovare, senza farsi frenare dalla paura dell’errore».
Sogniamo insieme
Per sognare è necessario avere coraggio. Non è facile condividere con gli altri i propri sogni: ma è con la condivisione che si potranno realizzare. E sognare vuol dire proprio lavorare insieme con uno stesso scopo e una metodologia condivisa, liberando la creatività. «Per affrontare le sfide che attraversano le nostre comunità e gruppi non possiamo contare sui “copia-incolla” del passato, ma abbiamo bisogno di “nuove energie” non convenzionali», si legge nel primo capitolo del libro (“Il coraggio di sognare”).
I nostri gruppi devono vincere la tentazione dell’immobilismo, superando la paura di sbagliare e applicando insieme l’arte dello “sbaglio ben fatto”. Come fare?
Vino nuovo in otri nuovi
Il richiamo al Vangelo di Luca (5.33-39) è palese – peraltro, già richiamato nella Lettera pastorale del nostro Vescovo “Vino nuovo in otri nuovi. Per una comunità che riparte”.
Il vino sempre frizzante e buono del Vangelo ha bisogno di otri sempre nuovi e noi, nei nostri incontri di formazione o di relazione, «ci siamo trovati a riprodurre il copia-incolla perché “qui si è fatto sempre così” o “squadra vincente non si cambia”». Qual è l’invito degli autori?
«Mettiamoci al lavoro e partiamo dalle fondamenta perché anche i grandi palazzi si costruiscono dal basso, ovvero dal “come funzionano”». Insomma, con gioia, inventiva, fantasia e gioco, ripensare alle procedure e alla loro attualizzazione, senza mai distogliere lo sguardo dall’Eucarestia e dalla Persona che incontriamo.
Quale vision e mission in Parrocchia?
I due autori fanno riferimento a due terminologie usate per il business aziendale – vision e mission – non perché la Chiesa sia una SPA o la Parrocchia una SRL, ma perché «man mano che la realtà pastorale cresce, dovrebbe arrivare agli obiettivi che si era prefissati ed essere pronta a raggiungerne di nuovi». Nel quadro a lato abbiamo riportato l’esercizio che il libro propone, utile per comunità parrocchiali, gruppi e associazioni nel definire i percorsi pastorali annuali.
In particolare, la Mission è la «dichiarazione di intenti», il focus dell’azione pastorale, una «presa di coscienza su quello che state facendo, in che modo e per chi», perché «al centro dei vostri pensieri dovrebbero esserci le persone: chiaritevi sul modo in cui i vostri servizi pastorali soddisfano le loro esigenze o necessità, in che modo le aiutate a risolvere i loro problemi».
Chiesa in uscita, un “inganno” lessicale
L’espressione “chiesa in uscita” di Papa Francesco suggerisce non solo l’uscita fisica dalle chiese, ma anche l’uscita dalla nostra mentalità corrente, quella del dogma “si è fatto sempre così”: «è un invito ad uscire da un pensiero meccanico, abituale, stereotipato, lasciando emergere i nostri desideri e scoprire, insieme, dove ci portano, dandoci il permesso di condividere davvero quello che pensiamo e quello che pensano le persone che vivono con noi».