La Chiesa, ricorda Paolo VI nella sua Esortazione apostolica “Evangelii Nuntiandi”, esiste per evangelizzare. E Papa Francesco, nella sua Esortazione “Evangelii Gaudium”, sottolinea come il discepolato debba essere missionario (n. 120). La Parola di Dio ci chiede di essere innovatori e rinnovatori perché la fede cristiana, viva e feconda, richiede un cuore aperto e una visione attenta ai segni dei tempi. Un vero cuore missionario sente sempre prorompere la necessità di comunicare l’annuncio salvifico del Vangelo a chiunque incontri nel cammino della vita e in qualsiasi luogo. Questo annuncio può essere amplificato con l’uso dei mezzi della comunicazione, grazie al servizio degli Animatori della Comunicazione e dei Missionari digitali.
Chi è il Missionario digitale?
Non è un tecnico dei media né un influencer marketing. È un evangelizzatore e una persona di comunione con e tra i fratelli, che ha radicato il suo servizio pastorale in una profonda comunione ed esperienza con Gesù Eucarestia.
È “strumento” che nel digitale sa creare relazioni autentiche: deve sapere condurre l’altro verso l’alto per portarlo a Gesù, per suscitare la domanda «Maestro dove abiti?». Il suo stile è riflessivo, non reattivo, sempre ispirato alle dinamiche sinodali.
Come persona di comunione, il Missionario è un samaritano inatteso: dona il suo tempo, i suoi sforzi, le sue competenze, la sua conoscenza, le sue energie e i suoi affetti affinché anche l’altro, nel rispetto della sua libertà, conosca la bellezza della Parola di Dio (Papa Paolo VI, Esortazione Apostolica “Evangelizzazione nel mondo contemporaneo”, 1976).
Deve saper parlare la lingua della gente, ovvero trasmettere l’insegnamento del Vangelo nei linguaggi, nei tempi, nelle dinamiche, nei simboli della narrativa di chi ascolta o legge nel digitale. Questo non vuol dire banalizzare la Parola di Dio, ma permeare il linguaggio della cultura attuale con l’inchiostro del Vangelo, affinché compreso.
È colui che sa e vuole propiziare il passaggio dalla comunità digitale a quella in presenza. La fede non può essere ingabbiata solo nel modo digitale. La fede può nascere nell’ambiente digitale, ma quando matura, bussa inesorabilmente alla comunità.
Chi sceglie di essere Missionario digitale deve creare una reale equipollenza tra persona, comunicatore, metodologia e vita «esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro» (Papa Benedetto XVI, Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale, Messaggio per la 45° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Vaticano, 24 gennaio 2011).
Cosa deve animare il “ministero” del Missionario digitale?
Indichiamo 5 elementi chiave che devono essere alla base dell’operato pastorale di un Missionari digitale (includendo anche gli Animatori della Comunicazione).
1️⃣ Condivisione autentica: è importante che i messaggi condivisi online riflettano veramente i valori cristiani di amore, rispetto e verità, perché le persone devono percepire che dietro i contenuti digitali ci sono individui autentici che vivono la loro fede sinceramente.
2️⃣ Comunicazione trasparente: bisogna essere aperti e onesti nelle interazioni, evitando di creare una falsa immagine di perfezione, per costruire fiducia e promuovere un dialogo genuino.
3️⃣ Creazione di spazi accoglienti: anche nei social media è essenziale creare ambienti in cui tutte le persone si sentano accolte e rispettate, indipendentemente dal loro background o dalle loro convinzioni.
4️⃣ Promozione dell’inclusione: le comunità online non devono escludere nessuno e non devono porre ostacoli all’incontro con Cristo.
5️⃣ Promozione del dialogo: è necessario incoraggiare sempre conversazioni significative e rispettose, dove le persone possano esprimere le loro opinioni e domande riguardo alla fede.
ascolto attivo: ascoltare con attenzione e rispetto le esperienze e le opinioni degli altri permette di creare un ambiente di comprensione reciproca e crescita spirituale.
a cura di Marcello la Forgia
Responsabile Equipe parrocchiale delle Comunicazioni