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Battesimo, i gesti e la conclusione

Battesimo (1)Illuminati dalla Parola, invocata la protezione di Dio e dei Santi contro le insidie del demonio, professata la ferma volontà di rinunziare a tutto ciò che è male e di aderire pienamente alle verità di fede, il bambino, già accolto nella comunità, può finalmente ricevere il Battesimo che, rendendolo partecipe della morte e risurrezione di Cristo Gesù, lo libera dal peccato originale, ossia dal male insito nella natura umana, e lo introduce alla vita della grazia rendendolo una “nuova creatura”.

A significare simbolicamente questa realtà di morte e di risurrezione, ricordando quanto già appreso attraverso la preghiera di benedizione sull’acqua, la forma di battesimo più appropriata ed espressiva sarebbe quella per immersione. Infatti, la stesa parola di origine greca “baptizein” significa letteralmente “immergere“. Il ministro, rivolgendo la sua parola al battezzando, lo chiama per nome e prosegue con la formula «lo ti battezzo nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo» e all’invocazione di ciascuna Persona della SS. Trinità lo immerge completamente nell’ acqua e lo risolleva. Motivi pratici hanno fatto e fanno sì che il Battesimo, nella stragrande maggioranza dei casi, venga conferito per infusione, versando per tre volte l’acqua battesimale sul capo del candidato.

Al rito essenziale del conferimento dei Battesimo ne seguono altri esplicativi. Il battezzato viene unto sul capo col sacro crisma che, incorporandolo a Cristo lo rende a Lui consacrato e, nello stesso tempo, partecipe della sua missione sacerdotale, profetica e regale. Ad indicare poi che il battezzato è risorto con Cristo acquistando la dignità di figlio di Dio che deve saper sempre conservare ed onorare, il ministro gli impone la veste bianca. Successivamente, presenta il cero pasquale simbolo di Cristo “luce del mondo”. Alla fiamma del cero pasquale il padre o il padrino accende la candela del battezzato ad indicare che Cristo lo ha illuminato perché viva sempre nella luce e diventi egli stesso fonte di luce che si propaga.

Questo dovere di ogni cristiano di trasmettere agli altri il dono della fede, di essere annunziatore della Parola che salva, viene ancor più chiaramente espresso attraverso il successivo rito dell’effetà. Il Ministro, ripetendo il gesto di Gesù nell’episodio evangelico della guarigione del sordomuto, tocca con il pollice le orecchie e le labbra del battezzato e prega perché presto sia in grado di ascoltare la Parola e di professarla con le labbra a lode e gloria di Dio. Con quest’ultimo rito si conclude la liturgia del Sacramento.

Il Presidente della Celebrazione, rivolgendosi a tutti i presenti, ricorda che il piccolo attraverso il battesimo ha già ricevuto il dono dello Spirito Santo ed è diventato realmente figlio di Dio, ma che in seguito lo riceverà in pienezza attraverso il Sacramento della Confermazione. Potrà anche partecipare alla Mensa eucaristica e rivolgersi a Dio chiamandolo Padre. Ora, però, è l’Assemblea tutta che, in suo nome, deve rivolgersi al Padre pregandolo come Gesù ha insegnato.

Terminata la recita del Padre Nostro, il Presidente della Celebrazione conclude il rito invocando la benedizione di Dio sulla madre, perché, grata del dono della maternità, viva con il figlio in continuo rendimento di grazie, sul padre perché, insieme alla sua sposa, sia per il figlio primo testimone di fede, su tutti i presenti perché siano sempre membra vive del corpo di Cristo.

 

di Gaetano la Martire

 

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