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«Christus vivit», cosa indica Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica postsinodale?

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CHRISTUS VIVIT SPIEGAZIONE ESORTAZIONE PAPA FRANCESCOCon l’ultimo numero del giornale parrocchiale ComUnione terminano le pubblicazioni per l’anno pastorale 2018 – 2019, caratterizzato dalla Rubrica «Giovani e…» in cui sono state affrontate, da diversi autori, molteplici tematiche legate al mondo giovanile (matrimonio, famiglia, volontariato, discernimento vocazionale, lavoro, ecc.). Un tema sviluppato non solo il linea con la Lettera Pastorale del Vescovo, ma anche in parallelo con il Sinodo dei Giovani dello scorso ottobre 2018.
A chiusura di questa rubrica, la Redazione ha ritenuto opportuno presentare un breve sintesi dell’Esortazione Apostolica postsinodale «Christus vivit» di Papa Francesco, firmata lunedì 25 marzo e indirizzata «ai giovani e a tutto il popolo di Dio». Nel documento, composto di nove capitoli, il Papa spiega di essersi lasciato «ispirare dalla ricchezza delle riflessioni e dei dialoghi del Sinodo» dei giovani. Ci soffermeremo solo su alcuni capitoli, i più significati, con l’augurio che ciascuno possa poi leggere con attenzione le riflessioni e le indicazioni dal Papa.

«Gesù Cristo sempre giovane» (cap. II)
Nel secondo capitolo, il Papa affronta il tema degli anni giovanili di Gesù. Non dobbiamo pensare, scrive Francesco, che «Gesù fosse un adolescente solitario o un giovane che pensava a sé stesso. Il suo rapporto con la gente era quello di un giovane che condivideva tutta la vita di una famiglia ben integrata nel villaggio», «nessuno lo considerava un giovane strano o separato dagli altri». Questi aspetti della vita di Gesù non dovrebbero essere ignorati nella pastorale giovanile, «per non creare progetti che isolino i giovani dalla famiglia e dal mondo, o che li trasformino in una minoranza selezionata e preservata da ogni contagio». Servono «progetti che li rafforzino, li accompagnino e li proiettino verso l’incontro con gli altri, il servizio generoso, la missione».
Francesco spiega anche che bisogna presentare la figura di Gesù «in modo attraente ed efficace»: «Per questo bisogna che la Chiesa non sia troppo concentrata su sé stessa, ma che rifletta soprattutto Gesù Cristo». Nell’Esortazione si riconosce che ci sono giovani che sentono la presenza della Chiesa «come fastidiosa e perfino irritante». Ci sono giovani che «chiedono una Chiesa che ascolti di più, che non stia continuamente a condannare il mondo. Non vogliono vedere una Chiesa silenziosa e timida, ma nemmeno sempre in guerra per due o tre temi che la ossessionano. Per essere credibile agli occhi dei giovani, a volte ha bisogno di recuperare l’umiltà e semplicemente ascoltare, riconoscere in ciò che altri dicono una luce che la può aiutare a scoprire meglio il Vangelo».

«Voi siete l’adesso di Dio» (capitolo III)
Non possiamo limitarci a dire, afferma Francesco, che «i giovani sono il futuro del mondo: sono il presente, lo stanno arricchendo con il loro contributo». Per questo bisogna ascoltarli anche se «prevale talora la tendenza a fornire risposte preconfezionate e ricette pronte, senza lasciar emergere le domande giovanili nella loro novità e coglierne la provocazione».
CHRISTUS VIVIT SPIEGAZIONE ESORTAZIONE PAPA FRANCESCO (2)«Oggi noi adulti corriamo il rischio di fare una lista di disastri, di difetti della gioventù del nostro tempo. Quale sarebbe il risultato di questo atteggiamento? Una distanza sempre maggiore». Chi è chiamato a essere padre, pastore e guida dei giovani dovrebbe avere la capacità «di individuare percorsi dove altri vedono solo muri, è il saper riconoscere possibilità dove altri vedono solo pericoli. Così è lo sguardo di Dio Padre, capace di valorizzare e alimentare i germi di bene seminati nel cuore dei giovani. Il cuore di ogni giovane deve pertanto essere considerato “terra sacra”».
«Molti giovani sono ideologizzati, strumentalizzati e usati come carne da macello o come forza d’urto per distruggere, intimidire o ridicolizzare altri. E la cosa peggiore è che molti si trasformano in soggetti individualisti, nemici e diffidenti verso tutti, e diventano così facile preda di proposte disumanizzanti e dei piani distruttivi elaborati da gruppi politici o poteri economici» (73). Ancora più numerosi quelli che patiscono forme di emarginazione ed esclusione sociale per ragioni religiose, etniche o economiche. «Non possiamo essere una Chiesa che non piange di fronte a questi drammi dei suoi figli giovani. Non dobbiamo mai farci l’abitudine. La cosa peggiore che possiamo fare è applicare la ricetta dello spirito mondano che consiste nell’anestetizzare i giovani con altre notizie, con altre distrazioni, con banalità». Il Papa invita i giovani a imparare a piangere per i coetanei che stanno peggio di loro.
Accennando a «desideri, ferite e ricerche», Francesco parla della sessualità: «in un mondo che enfatizza esclusivamente la sessualità, è difficile mantenere una buona relazione col proprio corpo e vivere serenamente le relazioni affettive». Anche per questo la morale sessuale è spesso causa di «incomprensione e di allontanamento dalla Chiesa» percepita «come uno spazio di giudizio e di condanna». Il Papa, di fronte agli sviluppi della scienza, delle tecnologie biomediche e delle neuroscienze ricorda che «possono farci dimenticare che la vita è un dono, che siamo esseri creati e limitati, che possiamo facilmente essere strumentalizzati da chi detiene il potere tecnologico».
L’Esortazione si sofferma poi sul tema dell’«ambiente digitale», che ha creato «un nuovo modo di comunicare» e che «può facilitare la circolazione di informazione indipendente». Ma «è anche un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza, fino al caso estremo del dark web. I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta. Nuove forme di violenza si diffondono attraverso i social media, ad esempio il cyberbullismo; il web è anche un canale di diffusione della pornografia e di sfruttamento delle persone a scopo sessuale o tramite il gioco d’azzardo». Non si deve dimenticare che nel mondo digitale «operano giganteschi interessi economici», capaci di creare «meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico». Ci sono circuiti chiusi che «facilitano la diffusione di informazioni e notizie false, fomentando pregiudizi e odio. La reputazione delle persone è messa a repentaglio tramite processi sommari on line. Il fenomeno riguarda anche la Chiesa e i suoi pastori».
Francesco ricorda ai giovani che «c’è una via d’uscita» in tutte le situazioni buie e dolorose. Ricorda la buona notizia donata il mattino della Risurrezione. E spiega che anche se il mondo digitale può esporre a tanti rischi, ci sono giovani che sanno essere creativi e geniali in questi ambiti. Come il Venerabile Carlo Acutis, che «ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo». «Essere giovani non significa solo cercare piaceri passeggeri e successi superficiali. Affinché la giovinezza realizzi la sua finalità nel percorso della tua vita, dev’essere un tempo di donazione generosa, di offerta sincera. Se sei giovane di età, ma ti senti debole, stanco o deluso, chiedi a Gesù di rinnovarti».

«Percorsi di gioventù» (capitolo V)
«L’amore di Dio e il nostro rapporto con Cristo vivo non ci impediscono di sognare, non ci chiedono di restringere i nostri orizzonti. Al contrario, questo amore ci sprona, ci stimola, ci proietta verso una vita migliore e più bella. La parola “inquietudine” riassume molte delle aspirazioni dei cuori dei giovani». L’ansia «può diventare una grande nemica quando ci porta ad arrenderci perché scopriamo che i risultati non sono immediati. I sogni più belli si conquistano con speranza, pazienza e impegno, rinunciando alla fretta. Nello stesso tempo, non bisogna bloccarsi per insicurezza, non bisogna avere paura di rischiare e di commettere errori» (142). Francesco invita i giovani a non osservare la vita dal balcone, a non passare la vita davanti a uno schermo, a non ridursi a veicoli abbandonati e a non guardare il mondo da turisti.
«Non conoscerai la vera pienezza dell’essere giovane, se non vivi l’amicizia con Gesù». L’amicizia con lui è indissolubile perché non ci abbandona e così come con l’amico «parliamo, condividiamo anche le cose più segrete, con Gesù pure conversiamo»: pregando «facciamo il suo gioco, gli facciamo spazio perché Egli possa agire e possa entrare e possa vincere».
Francesco propone «percorsi di fraternità» per vivere la fede, ricordando che «lo Spirito Santo vuole spingerci ad uscire da noi stessi, ad abbracciare gli altri. Per questo è sempre meglio vivere la fede insieme ed esprimere il nostro amore in una vita comunitaria», superando «la tentazione di chiuderci in noi stessi, nei nostri problemi, nei sentimenti feriti, nelle lamentele e nelle comodità».

CHRISTUS VIVIT SPIEGAZIONE ESORTAZIONE PAPA FRANCESCO (3)«La pastorale dei giovani» (capitolo VII)
Il Papa spiega che la pastorale giovanile ha subito l’assalto dei cambiamenti sociali e culturali e «i giovani, nelle strutture consuete, spesso non trovano risposte alle loro inquietudini, alle loro esigenze, alle loro problematiche e alle loro ferite». I giovani stessi «sono attori della pastorale giovanile, accompagnati e guidati, ma liberi di trovare strade sempre nuove con creatività e audacia». La pastorale giovanile ha bisogno di flessibilità, e bisogna «invitare i giovani ad avvenimenti che ogni tanto offrano loro un luogo dove non solo ricevano una formazione, ma che permetta loro anche di condividere la vita, festeggiare, cantare, ascoltare testimonianze concrete e sperimentare l’incontro comunitario con il Dio vivente».
La pastorale giovanile non può che essere sinodale, cioè capace di dar forma a un «camminare insieme» e comporta due grandi linee di azione: la prima è la ricerca, la seconda è la crescita. Per la prima, Francesco confida nella capacità dei giovani stessi di «trovare vie attraenti per invitare»: più importante è che «ogni giovane trovi il coraggio di seminare il primo annuncio in quella terra fertile che è il cuore di un altro giovane». Va privilegiato «il linguaggio della vicinanza, il linguaggio dell’amore disinteressato, relazionale, esistenziale, che tocca il cuore», avvicinandosi ai giovani «con la grammatica dell’amore, non con il proselitismo». Per quanto riguarda la crescita, Francesco mette in guardia dal proporre ai giovani toccati da un’intensa esperienza di Dio «incontri di “formazione” nei quali si affrontano solo questioni dottrinali e morali. Il risultato è che molti giovani si annoiano, perdono il fuoco dell’incontro con Cristo e la gioia di seguirlo». Se qualsiasi progetto formativo «deve certamente includere una formazione dottrinale e morale» è altrettanto importante che sia centrato sul kerygma, cioè «l’esperienza fondante dell’incontro con Dio attraverso Cristo morto e risorto» e sulla crescita «nell’amore fraterno, nella vita comunitaria, nel servizio». Pertanto «la pastorale giovanile dovrebbe sempre includere momenti che aiutino a rinnovare e ad approfondire l’esperienza personale dell’amore di Dio e di Gesù Cristo vivo», aiutando i giovani a «vivere come fratelli, ad aiutarsi a vicenda, a fare comunità, a servire gli altri, ad essere vicini ai poveri».
Pretendendo «una pastorale giovanile asettica, pura, caratterizzata da idee astratte, lontana dal mondo e preservata da ogni macchia, riduciamo il Vangelo a una proposta insipida, incomprensibile, lontana, separata dalle culture giovanili e adatta solo ad un’élite giovanile cristiana che si sente diversa, ma che in realtà galleggia in un isolamento senza vita né fecondità». Francesco invita a essere «una Chiesa con le porte aperte», e «non è nemmeno necessario che uno accetti completamente tutti gli insegnamenti della Chiesa per poter partecipare ad alcuni dei nostri spazi dedicati ai giovani»: «deve esserci spazio anche per tutti quelli che hanno altre visioni della vita, professano altre fedi o si dichiarano estranei all’orizzonte religioso».

«La vocazione» e «Il discernimento» (capitoli VIII e IX)
«Per realizzare la propria vocazione è necessario sviluppare, far germogliare e coltivare tutto ciò che si è. Non si tratta di inventarsi, di creare sé stessi dal nulla, ma di scoprirsi alla luce di Dio e far fiorire il proprio essere». E «questo “essere per gli altri” nella vita di ogni giovane è normalmente collegato a due questioni fondamentali: la formazione di una nuova famiglia e il lavoro».
Per quanto riguarda «l’amore e la famiglia», il Papa scrive che «i giovani sentono fortemente la chiamata all’amore e sognano di incontrare la persona giusta con cui formare una famiglia», e il sacramento del matrimonio «avvolge questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso». Dio ci ha creati sessuati, Egli stesso ha creato la sessualità, che è un suo dono e «ha due scopi: amarsi e generare vita». Francesco osserva che «l’aumento di separazioni, divorzi può causare nei giovani grandi sofferenze e crisi d’identità». Nonostante tutte le difficoltà, «vale la pena scommettere sulla famiglia», perché «in essa troverete gli stimoli migliori per maturare e le gioie più belle da condividere».
Per quanto riguarda il lavoro, il Papa scrive: «Invito i giovani a non aspettarsi di vivere senza lavorare, dipendendo dall’aiuto degli altri. Questo non va bene, perché il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale». E dopo aver notato come nel mondo del lavoro i giovani sperimentino forme di esclusione e di emarginazione, afferma a proposito della disoccupazione giovanile: «È una questione che la politica deve considerare come una problematica prioritaria, in particolare oggi che la velocità degli sviluppi tecnologici, insieme all’ossessione per la riduzione del costo del lavoro, può portare rapidamente a sostituire innumerevoli posti di lavoro con macchinari».
Il Papa ricorda che «senza la sapienza del discernimento possiamo trasformarci facilmente in burattini alla mercé delle tendenze del momento». «Un’espressione del discernimento è l’impegno per riconoscere la propria vocazione».
A chi aiuta i giovani nel discernimento sono richieste tre sensibilità: attenzione alla persona («si tratta di ascoltare l’altro che ci sta dando sé stesso nelle sue parole»), discernere («si tratta di cogliere il punto giusto in cui si discerne la grazia dalla tentazione»), «ascoltare gli impulsi che l’altro sperimenta “in avanti”».
L’Esortazione si conclude con un desiderio di Papa Francesco: «Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci».

Marcello la Forgia

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