«L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante». Scriveva così Cesare Pavese: un invito carico di fiducia positiva. Eppure fu lui stesso a smentirlo un giorno d’agosto del 1950, quando in una triste camera d’albergo troncava la sua vita, rifiutando ogni possibilità di ricominciare.
Eppure “chi ben comincia è a metà dell’opera”: quante volte lo ripetiamo. Importante è fare il primo passo: è solo con questo atto che si supera il dubbio e la paura della distanza da colmare. Per questo San Francesco esortava: «Cominciate a fare il necessario. Poi ciò che è possibile. All’improvviso vi ritroverete a fare l’impossibile!». Molti secoli prima un famoso sapiente cinese come Lao-tzu scrisse: «Un viaggio di mille miglia deve cominciare con un solo passo».
Ogni viaggio comporta il coraggio dell’anima. Esso non è affatto statico: può conoscere cali di tensione, fatica per una sconfitta, senso di impotenza e frustrazione. «I dweel in possibility» (io vivo nella possibilità) raccontava Emily Dickinson. La realtà della nostra Vita, carica di progettualità, di incontri e relazioni, viene così lasciata fuori: dai nostri pensieri, dalle nostre emozioni. Per il timore che metta scompiglio dentro e attorno a noi lasciamo spazio alla rassegnazione: ecco la spinta a stare fermi fino ad arrenderci alla pigrizia, all’incapacità di decidere e a vivere nella rassegnazione.
Eppure il verbo latino re-signare, conosce due sfumature opposte: sia la forma transitiva sia quella intransitiva. Nel primo caso, re-signare rimanda al gesto di rompere un sigillo, sciogliere, liberare: ovvero rinunciare a un compito o rimettere un mandato in mani altrui, come in certi casi la coscienza può suggerire. Nel secondo caso, rassegnarsi è un verbo dai toni cupi, di qui il vocabolo rassegnazione.
La persona rassegnata è chi, per i motivi più diversi, ha visto gradualmente morire la fiducia in sé stesso e la sua capacità di mettersi in gioco, scegliendo di ripiegare, di astenersi da ogni responsabilità, evitando di andare in contro al futuro: quasi fosse una sterile ripetizione del passato. Perché ancora sconfitte e delusioni?!?
Certo, come diceva Gesù, ogni giorno porta la sua pena (Matteo 6,34); ma porta con sé forse un’occasione inattesa, una luce nuova, una sorpresa. Purtroppo, è forte la tentazione di stare seduti ai bordi della strada della vita o lasciarsi strattonare in avanti dalla corrente della fiumana della società.
Cominciare esige uno sforzo, una tensione, coraggio. Ri-cominciare dopo una delusione o un fallimento richiede uno altrettanto arduo. Ma se restiamo immobili, come faremo a conoscere le bellezze a cui abbiamo rinunciato? Senza il rischio dell’inedito dov’è la novità? Proviamoci, allora! Come? «Fa’ sempre quello che hai paura di fare» (Ralph W. Emerson).
Francesco de Leo
seminarista