«Certo, non è facile mettersi in cammino, soprattutto in questa stagione segnata da tanta paura, incertezza, smarrimento. Non è facile farlo insieme, perché siamo tutti condizionati dall’individualismo e dal pensare gli altri in funzione nostra e non viceversa. Non si cammina insieme quando si è autoreferenziali! Le difficoltà vissute in questo anno pastorale, a iniziare dalla pandemia che tanto ci ha isolati, la novità del metodo, hanno rallentato il Cammino». È questo un estratto dell’introduzione del documento sinodale della CEI per il Sinodo “I Cantieri di Betania. Prospettive per il secondo anno pastorale”, la cui presentazione è stata motivo di confronto iniziale nel Consiglio Pastorale Parrocchiale dello scorso 13 ottobre 2022.
Don Raffaele ha, infatti, spiegato ai presenti alcuni passaggi fondamentali del documento e introdotto i 4 cantieri, che saranno argomento di confronto e ascolto reciproco durante tutto l’anno pastorale.
“Uscita” e senso di appartenenza
I Cantieri di Betania sono poi stati sfondo introduttivo per il successivo confronto, da cui sono emerse alcune proposte per l’iniziando anno pastorale. Ad esempio, da più parti è emerso il desiderio di programmare incontri congiunti con le realtà di altre parrocchie viciniori – in particolare per gli incontri di catechismo / ACR e per quello degli Adulti di Azione Cattolica – non solo per favorire una maggiore condivisione, ma anche per allargare i propri orizzonti formativi. Allo stesso tempo, è stato anche ricordato che già sono presenti momenti di formazione esterna cui partecipano, in particolare, i nostri educatori ed altri operatori pastorali: si tratta di incontri di formazione, ma anche di confronto con le realtà di altre parrocchie non solo cittadine, ma anche diocesane.
Occorrerebbe non solo favorire una maggiore diffusione di questi appuntamenti e incontri (e, laddove possibile, prendervi parte), soprattutto con i mezzi di comunicazione presenti in parrocchia, ma anche, prima di “uscire”, meditare sui noi stessi, sulla qualità delle nostre relazioni e sulla “dimensione formativa” dei nostri gruppi e associazioni parrocchiali. Infatti, si è focalizzata l’attenzione sul senso di appartenenza di ciascuno dei parrocchiani e degli operatori pastorali alla comunità e al servizio prestato: dovremmo lavorare e impegnarci molto su questo aspetto, che non deve passare in secondo piano rispetto all’impeto e alla fretta di “uscire”.
Senza dubbio, il senso di appartenenza (che ciascuno di noi esprime innanzitutto attraverso la condivisione del cammino parrocchiale) ci aiuta a far crescere la nostra comunità nella direzione della missionarietà.
Vivere l’appartenenza alla comunità cristiana vuol dire, pertanto, riconoscere in essa la sorgente della propria vita cristiana, l’alimento per viverla, il senso profondo di gratitudine e l’impegno a vivere la corresponsabilità della sua missione, lasciandoci coinvolgere pienamente, secondo i doni ricevuti dallo Spirito e le possibilità umane che abbiamo, impegnandoci a far crescere i più giovani in questa sensibilità.
Non giudichiamo i ragazzi, sosteniamoli
La distanza tra la Chiesa ed i ragazzi è uno dei vulnus maggiori di questo momento storico ed è un “problema” diffuso in tutto le Parrocchie, più o meno evidente in base ai numeri di associati. Le difficoltà del cammino di formazione (quello dell’iniziazione cristiana, dell’Azione Cattolica e delle famiglie) sono evidenti e la diminuzione degli iscritti all’ACR ne è un segno palese e preoccupante: segno che, tuttavia, non deve scoraggiarci nella missione evangelizzatrice e formativa. Dobbiamo evitare le “lamentationes”, ma agire, piantare semi che il Signore farà germogliare secondo i tempi dello Spirito. Per altro, lo ricorda proprio Gesù: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro» (Mt 18,15-20).
Come è stato ribadito, dobbiamo cercare le motivazioni di questo “allontanamento” e chiederci se i nostri cammini formativi e le nostre relazioni suscitino nei ragazzi (ma anche nelle famiglie) il “sentirsi a casa anche in Chiesa”. Devono sentirsi parte della nostra comunità parrocchiale: parte attiva, parte orante e non solo un bicchiere “vuoto” da riempire e indottrinare. È necessario dar loro fiducia, senza farli sentire giudicati. Se abbiamo sbagliato, allora sarà necessario fare un passo indietro e correggerci.
Più spazio alla preghiera
Don Raffaele ha invitato tutti a dare più spazio alla preghiera comunitaria, in particolare con la partecipazione alla Santa Messa e all’Adorazione Eucaristica, senza dimenticare gli altri appuntamenti che si articoleranno durante l’anno pastorale, come il Rosario meditato di Azione Cattolica il terzo mercoledì del mese.
Purtroppo, è necessario constatare che il problema non è il tempo risicato, ma più che altro la voglia di trovarlo. Pregare in realtà è difficilissimo: “dire” un Padre Nostro è diverso dal recitarlo bene, con il cuore, con la mente, meditandolo anche insieme alla comunità.
Marcello la Forgia
vicepresidente del Consiglio Pastorale