«Se siamo qui è perché siamo chiamati da Gesù e gli chiediamo non solo di stare con noi, ma anche di aiutarci ad ascoltarlo e a fare nostri i suoi insegnamenti». Con queste parole, don Raffaele ha concluso la lettura introduttiva del Vangelo di Giovanni (1.35-42) sulla chiamata dei discepoli, illuminate per comprendere quanto sia importante – soprattutto per gli operatori pastorali – fare esperienza di Gesù e capire la regione della propria esistenza e vocazione.
Responsabilità, quali motivazioni?
«Qualsiasi attività di pastorale parrocchiale viene originata dalla esperienza personale di fede, non possiamo piegarci alla mentalità corrente – ha evidenziato don Raffaele -. Dobbiamo, dunque, chiederci, quale esperienza ho fatto e posso fare di Gesù? Quale impegno posso assumere nella mia comunità? Sono disposto a mettermi in gioco o preferisco tirarmi indietro quando ci sono delle responsabilità, rinnegando anche la chiamata del Signore?».
È necessario, soprattutto per gli operatori pastorali, chiedersi qual è la motivazione fondante del loro operato: la gioia del servire, come Cristo, la Chiesa e i fratelli o è solo un obbligo? Oppure, come un arrivista qualunquista, ci arrampichiamo per ricoprire ruoli e averne prestigio?
«Molti di noi sono stati assenti durante i momenti più importanti dell’ultimo periodo, non solo liturgici, ma anche comunitari di condivisione e convivialità – ha sottolineato don Raffaele -. Se abbiamo avvertito la stanchezza, la noia o la tristezza vuol dire che non siano stati con Gesù e, dunque, dobbiamo ripartire, ora che ci prepariamo a vivere il Tempo di Quaresima e il Tempo di Pasqua».
La conversione pastorale
Il trittico responsabilità, servizio e comunità ha consentito poi a don Raffaele non solo di ritornare sul Sinodo della Chiesa italiana, ma anche di approfondire le tre linee operative comunitarie di cui il Consiglio aveva già discusso nei precedenti incontri.
Anzitutto, la formazione, in particolare quella di bambini, ragazzi e giovani, improntata non solo alla crescita spirituale, ma anche a una maggiore condivisione. «Non dobbiamo escludere i nostri ragazzi e giovani da ruoli di responsabilità, anzi dobbiamo continuare a incoraggiarli, come abbiamo fatto in questi anni – ha continuato don Raffaele -, soprattutto per rafforzare in loro la consapevolezza della gioia del servizio non a proprio uso e consumo, ma per la comunità, per la Chiesa e per stare con Gesù». A questa, naturalmente, si affianca la formazione dei catechisti, dei genitori e, più in generale, degli adulti.
Accanto alla formazione, la spiritualità, non solo personale, ma anche comunitaria. Il cammino spirituale della nostra Parrocchia deve essere un percorso di crescita e approfondimento della fede che deve coinvolgerci tutti, grazie non solo all’adorazione personale, ma alla partecipazione alla celebrazione eucaristica, ai momenti di preghiera e all’adorazione comunitaria del primo venerdì del mese. Queste occasioni ci permettono di costruire una maggiore consapevolezza della presenza di Dio nelle nostre vite personali, familiari, lavorative e anche comunitarie.
In questo cammino spirituale è fondamentale dare importanza alla centralità della Parola di Dio, alla Confessione e alla Santa Messa.
Infine, la pastorale parrocchiale, che seguirà le linee già definite e in linea con le indicazioni del Sinodo e della Diocesi. In questo ambito, don Raffaele non solo ha rimarcato il lavoro svolto dall’Equipe della Comunicazioni, ma anche la necessità di impegnarsi maggiormente per una migliore organizzazione del Gruppo Caritas, che non deve coinvolgere solo il Volontariato Vincenziano, ma tutti i fedeli, gli operatori parrocchiali disponibili e i gruppi / associazioni della nostra comunità.
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Marcello la Forgia
Vice-presidente del Consiglio pastorale parrocchiale