«Il Giubileo ci aiuta a ragionare sulla speranza e a capire come praticarla, perché a noi manca la grammatica della speranza e nelle nostre comunità parrocchiale è una “sconosciuta”, quasi fosse la sorella minore della fede e della carità». Questa affermazione ci aiuta a seguire il file rouge dell’intervento di don Sebastiano Pinto, Biblista e Docente di Esegesi alla Facoltà Teologica Pugliese, che ha approfondito la virtù della speranza e alcuni aspetti del Giubileo nella prima giornata del Convegno Diocesano “Pellegrini di Speranza”, tenutasi ieri sera nell’Auditorium “Regina Pacis” a Molfetta (nella foto don Vito Bufi, Direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale, il Vescovo Mons. Domenico Cornacchia e don Sebastiano Pinto).
Purtroppo, come ha evidenziato subito il prof. Pinto, «la speranza non abita le nostre realtà ecclesiale, pur essendo la virtù teologale che ci eleva al Cielo»: pertanto, «questa virtù, per altro molto perente nella Sacra Scrittura, deve entrare nei nostri percorsi formativi parrocchiali a ogni livello».
La speranza come “raccordo”
Il prof. Pinto ha descritto la speranza con alcune immagini tratte proprio dalla Sacra Scrittura, a partire dal suo significato ebraico di “corda”, inteso come “raccordo”. Uno dei testi più emblematici in questo senso si trova nel libro dei Salmi (Salmo 62,6-7), dove il termine ebraico “tiqvah“, che significa appunto “corda” o “fune”.
Nel suo significato biblico rappresenta una visione affascinante della relazione tra l’essere umano e Dio: infatti, è spesso descritta come una sorta di legame vitale, che tiene l’uomo saldo nella fiducia verso le promesse di Dio, anche in mezzo alle difficoltà e alle incertezze della vita.
Inoltre, la speranza è anche presentata come il ponte che collega il presente al futuro, rendendo possibile sopportare le sofferenze del momento presente in vista della gloria futura. San Paolo, nella Lettera ai Romani (8,24-25), afferma che la speranza è ciò che ci salva: non una speranza visibile, ma una speranza che si protende verso ciò che non si vede ancora, come una corda che ci guida verso l’invisibile, verso la realizzazione delle promesse di Dio.
La speranza come “fiaccola”
Altra immagine della speranza è quella della fiaccola, di un fuoco che mai si spegne, che, come afferma Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo Ordinario (leggi la Bolla), non illude e non delude. Ritroviamo questa espressione anche in un tweet del Pontifice del 17 maggio 2024: «La speranza cristiana non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino. Non cede nelle difficoltà: si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita».
«La speranza non è, dunque, un pensare positivo, non è una illusione, ottimismo, non è fondata su di noi, ma è incorporata in Cristo, è cristiforme – ha spiegato don Sebastiano -. Il suo senso è nell’adesione a Cristo».
La speranza, come una fiaccola sempre accesa, rappresenta una luce che guida e illumina il cammino dei credenti, anche nelle oscurità più fitte della vita. Richiama anche la vigilanza e l’attesa. Come le vergini sagge della parabola evangelica (Matteo 25,1-13), che con le loro lampade accese aspettano l’arrivo dello sposo, così il cristiano è chiamato a mantenere viva la fiamma della speranza, preparato a incontrare il Signore quando verrà. La speranza non è una semplice aspettativa passiva, ma una luce viva che richiede di essere alimentata costantemente dalla fede e dall’amore.
Nella Sacra Scrittura, la speranza è più volte paragonata a una luce che brilla nelle tenebre. San Paolo, nella Lettera ai Romani (15,13), prega affinché il Dio della speranza «vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la potenza dello Spirito Santo». Questa speranza è descritta come una forza interiore alimentata da Dio stesso, una fiamma spirituale che non può essere spenta dalle difficoltà, dalle prove o dai fallimenti terreni.
La speranza come “ancora”
La terza immagine della speranza è quella dell’ancora, per rappresentare «la stabilità e la sicurezza che essa dona al credente nel cammino della vita». Come un’ancora mantiene una nave ferma e stabile, così la speranza cristiana tiene saldo l’animo di fronte alle difficoltà e alle incertezze del mondo, aprendoci al “già e non ancora”, come ha sottolineato il prof. Pinto, e «aiutandoci a legare il presente al futuro e a farci concepire il presente stesso come un dono».
La speranza cristiana si fonda, dunque, su ciò che non si vede ancora, ma che è garantito dalle promesse di Dio. È come un’ancora gettata non nel fondo del mare, ma nelle profondità della fedeltà di Dio. Nonostante le onde delle difficoltà e le correnti dell’incertezza, l’ancora rimane salda perché ancorata nella sicurezza dell’amore di Dio e della salvezza promessa.
Inoltre, la speranza come ancora è anche un simbolo di protezione e rifugio. Nei momenti di difficoltà o tentazione, essa ci ricorda che non siamo abbandonati alle forze distruttive del mondo, ma che abbiamo una sicurezza eterna in Dio. La speranza ci ancora alla realtà dell’amore divino, impedendo che veniamo trascinati via dalle paure, dai dubbi o dalle difficoltà della vita.
La speranza come “porta”
Nella sua accezione di “porta“, la speranza diviene via di accesso verso la salvezza, l’eternità e la piena comunione con Dio. La porta, nella simbologia biblica e cristiana, è spesso segno di passaggio, apertura e possibilità: e la speranza è proprio quella chiave che permette di varcare questa soglia e di entrare in un orizzonte nuovo, ricco di promesse divine.
La speranza, come porta, è anche un segno di possibilità e di apertura al futuro. In un mondo spesso segnato dal dolore e dall’incertezza, la speranza cristiana ci offre la certezza che esiste sempre una via aperta verso il bene, anche quando tutto sembra chiuso o bloccato. Essa non ci lascia prigionieri delle difficoltà del presente, ma ci indica una porta verso una realtà più grande, una realtà di grazia e di pienezza. Come una porta aperta su un nuovo orizzonte, la speranza ci spinge a guardare oltre le circostanze immediate, verso il compimento delle promesse di Dio.
Inoltre, l’immagine della porta è anche profondamente legata alla dimensione della libertà. Varcare una porta implica una scelta, un atto di volontà. La speranza non è solo un dono passivo, ma una virtù attiva, che richiede da parte nostra il desiderio e la disponibilità di aprirci alla grazia divina.
Al centro non ci sono solo io
Possiamo definire la speranza come «lo sguardo sul presente avendo negli occhi la luce del futuro», ma questa è ancora una definizione astratta, come ha evidenziato don Sebastiano. Come virtù teologale comunitaria, ci spinge a «decentrarci per dare spazio alle relazioni, liberandoci dall’individualismo: dunque, io non spero solo per me, ma spero per gli altri». Ecco perché, ha ribadito don Sebastiano, «il Giubileo ci aiuterà a riscoprire la dimensione ecclesiale e comunitaria della speranza, scrostandola da qualsiasi tipo di moralismo».
Le due dimensioni della speranza
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- Il prof. Pinto ha anche delineato le due principali dimensioni della speranza:
dimensione temporale, quando «mette insieme presente e futuro» con «un’attenzione particolare alla pedagogia cristiana e, dunque, alla formazione»: così intesa, la speranza è strettamente correlata alla pazienza e alla misericordia, perché l’evangelizzazione non deve essere macchiata dalla fretta di ottenere dei risultati e dal “tutto e subito”;
dimensione spaziale, quella del pellegrino, perché «ci esorta a compiere un viaggio, a metterci in cammino, in movimento, trovando le forze per lasciare le zavorre delle nostre lentezze interiori». - In questo senso, la speranza si concretizza, come suggerito da Papa Francesco, in una maggiore attenzione ai giovani nello stile dell’accompagnamento, ai detenuti, nel recupero del concetto della giustizia redentrice e non punitiva, agli ammalati, ai migranti, agli anziani, che sperimentano solitudine e abbandono.
- Il prof. Pinto ha anche delineato le due principali dimensioni della speranza:
a cura di Marcello la Forgia
Responsabile Comunicazioni parrocchiali