«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito» (Gv, 3.8). È questa la frase con cui don Nunzio Palmiotti risponde a coloro che gli domandano come sia “nata” la sua vocazione al sacerdozio. In effetti, per lui, il sacerdozio, l’essersi consacrato e poi speso per la Chiesa, Sposa di Cristo, è stato molto naturale, scelta maturata in famiglia, anche grazie alla presenza di due sacerdoti in casa, gli zii Mons. Antonio Palmiotti e Mons. Michele Carabellese (rispettivamente fratelli del padre e della madre). E i suoi 60 anni di sacerdozio (21 dicembre 1957 – 2017) raccontano del generoso servizio alla Chiesa.
Il suo ingresso nel Seminario Diocesano risale al 1945. Dopo il quinto Ginnasio, entrò nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta per frequentare, come erano le disposizioni del tempo, i tre anni di Liceo e i quattro anni di Teologia. Terminati gli studi al Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, si trasferì a Roma per iscriversi al Corso di Laurea in «Utroque Jure» alla Pontifica Università Lateranense, soggiornando nel Pontificio Seminario per gli studi giuridici (Sant’Apollinare). Conseguita la laurea, quando era già rientrato da qualche anno in Diocesi, Mons. Settimio Todisco, amministratore diocesano, il 1° agosto 1970, lo nominò Vice Cancelliere della Curia Vescovile di Molfetta. Fu anche chiamato ad assumere il ruolo di promotore di Giustizia nella Causa di Beatificazione del Venerabile Servo di Dio Mons. Pasquale Uva e, nel settembre 1970, divenne Assistente del Gruppo Molfetta 1 ASCI – Reparto Scout.
Trascorso qualche anno, alcuni amici lo invogliarono a iscriversi al Corso Rotale presso il Palazzo della Cancelleria a Roma, per conseguire il Diploma di Avvocato del Tribunale della Sacra Rota, dicitura poi cambiata con Tribunale Apostolico della Rota Romana. Conseguito questo titolo il primo febbraio 1978, iniziò a svolgere la sua attività di Avvocato al Tribunale Ecclesiastico Regionale di Bari. Dopo aver difeso e vinto qualche causa come avvocato, il Vescovo del tempo, Mons. Aldo Garzia, gli chiese di assumere il ruolo di Giudice al Tribunale di Bari, perché si addiceva maggiormente alla figura del sacerdote.
Intanto, nel 1982 ricorreva il 25esimo della sua Ordinazione Sacerdotale, la cui Santa Messa fu presieduta dal Servo di Dio Mons. Antonio Bello: la sua omelia, oggi ancora inedita, descrive con semplicità e fortezza evangelica la figura del sacerdote (il testo integrale sarà riportato sul prossimo numero). Dopo appena una settimana dall’inizio dell’episcopato di don Tonino, il Cancelliere del tempo, Mons. Leonardo Minervini, si ammalò al punto da non essere nelle condizioni di metter più piede nella sede della cancelleria. Don Nunzio continuò nel suo ruolo di Vice Cancelliere secondo la normativa canonica che attribuisce al Vice Cancelliere la facoltà di svolgere le mansioni a lui dovute in caso di assenza del Cancelliere, anche dopo il decesso di Mons. Minervini. Don Tonino lo nominò Cancelliere della Diocesi di Molfetta-Giovinazzo-Terlizzi, al tempo eque e unite, cui poi si aggiunse anche Ruvo.
Ha continuato a servire la Curia diocesana anche durante l’episcopato di Mons. Luigi Martella, fino al sopraggiungere dei 75 anni di età. Inoltre, avendo rinunciato al ruolo di Giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Regionale di Bari nel settembre del 2009, dopo un anno, nel settembre del 2010, con l’assenso del Vescovo Mons. Luigi Martella, fu assunto come Giudice nel Tribunale Beneventano di Appello, dove tuttora svolge il suo compito.
Insomma, nei suoi 60 anni di sacerdozio don Nunzio si è sforzato di incarnare quanto aveva indicato lo zio, Mons. Antonio Palmiotti, in una sua lettera della seconda metà degli anni ’50, ovvero «vivere la vita di Dio che è pace, che è saper soffrire, saper tollerare, saper amare, saper lavorare, saper pregare, saper studiare». Don Nunzio è stato ed è un uomo di Dio che si è speso (e si spende) per la Chiesa e per tutti coloro che ha incrociato (e incrocia) per strada.
Nei suoi 60 anni di sacerdozio, don Nunzio ha espresso e testimoniato la bellezza non solo di essere “alter Christus”, ma anche di appartenere con fierezza e mitezza alla Chiesa. A lui, proprio la Chiesa, sua sposa, chiede ancora tanti anni di servizio ministeriale, convinta che la sua canizie non è, come lui la definisce, un “peso” per la comunità, ma un imprescindibile deposito di saggezza e di esperienza, oltre che di impegno umile e concreto.