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La Giornata mondiale della pace, giunta oggi alla 54° edizione, è l’occasione che la Chiesa Cattolica celebra ogni primo dell’anno dedicandola alla preghiera e alle riflessioni sullo stato di cose nel mondo per un futuro che conduca verso la pace universale. Il primo Papa a dedicare un’omelia al tema, e quindi a istituire la ricorrenza, fu Paolo VI nel 1968. Il pontefice si fece carico di un appello al dialogo per la preoccupante ed imminente Guerra del Vietnam, che di lì a poco avrebbe scosso gli equilibri mondiali.
Da allora in poi, i vari pontefici che si sono avvicendati sul soglio Vaticano, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI e papa Francesco, hanno dedicato il Capodanno alle tematiche di politica internazionale, tentando sempre di promuovere un messaggio di fratellanza e comunità volto a ristabilire l’equilibrio tra tutti i popoli della terra.
L’1 gennaio 2021 ha aperto un anno pieno di sfide ereditate dal 2020. Le conseguenze della pandemia di Covid-19, nonostante il tanto atteso arrivo del vaccino, si protrarranno nei prossimi mesi sull’economia e la sanità mondiale, il che non fa che accentuare le crisi migratorie, alimentari, energetiche e climatiche che minacciano gli equilibri politici e militari del pianeta già da decenni.
Il messaggio scelto da Papa Francesco per l’occasione di quest’anno è intitolato “La cultura della cura come percorso di pace” e si rivolge a capi di stato e spirituali di ogni religione, ai fedeli di buona volontà e alle istituzioni internazionali perché venga abbracciato dall’intera umanità uno spirito di fratellanza che prenda il concetto di “cura” come spinta alla cancellazione delle disuguaglianze sanitarie ed economiche. È fondamentale, secondo Papa Francesco, che l’umanità non sprechi l’occasione di dimostrare che il diritto alla cura appartenga a ogni essere umano, che «misure adeguate garantiscano a tutti l’accesso ai vaccini» e che gli investimenti sulle armi vengano riconvertiti in risorse «per eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo».
La situazione politica occidentale, relativamente stabile nonostante la preoccupante crisi ucraina degli scorsi anni, non deve ingannare circa la situazione del mondo in merito alle guerre, che continuano a tempestare intere regioni del pianeta benché talvolta sfuggano al nostro sguardo quotidiano. Sono estremamente preoccupanti le situazioni di Libia e Yemen, in cui continuano ad aver luogo conflitti sanguinosissimi e un’instabilità politica che va a condizionare anche il grande flusso migratorio verso i paesi del nord del mondo. Anche in Birmania, ad esempio, è in atto una delle più lunghe guerre dell’ultimo secolo, che vede protagonista il governo centrale, le varie fazioni che reclamano l’indipendenza e la minoranza musulmana perseguitata dei Rohingya.
Inutile poi ignorare gli stati tormentati dalla persistente presenza del terrorismo islamico, come l’Iraq, la Siria, il Pakistan, la Nigeria e gli stati dell’Africa subsahariana. Seppur apparentemente lontani da noi, benché alcuni di essi si svolgano appena al di là del Mediterraneo, questi conflitti hanno già saputo toccare il cuore della nostra vita quotidiana in passato ed è ad ogni modo fondamentale che la comunità internazionale continui a adoperarsi per la risoluzione delle dinamiche mondiali verso un futuro di stabilità.
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