Sebbene il rito del Battesimo degli adulti risulti più significativo e completo, nonché maggiormente fedele alla tradizione trasmessaci dai Padri della Chiesa, è opportuno esaminare prima quello dei bambini, che ne è una sintesi, non solo perché celebrato con maggior frequenza, ma anche perché, oltre il battezzando e la comunità, coinvolge in maniera del tutto particolare ed essenziale i genitori e i padrini. È, infatti, esclusivamente sulla fede di questi ultimi e a seguito di loro formale richiesta che il bambino, non ancora in grado di assumere impegni, viene battezzato e accolto nella Comunità dei fedeli.
Ed è questo il motivo per cui, durante tutto il rito, le parole del Presidente della Celebrazione sono rivolte quasi esclusivamente a genitori e padrini. La scelta di questi ultimi non può e non deve, pertanto, essere legata a motivi di parentela, di simpatia o di utilità materiale, ma esclusivamente alla loro fede e all’impegno che sono in grado di fornire nel collaborare con i genitori e, in qualche caso, sostituirsi agli stesi nella formazione umana e cristiana del bambino per il quale è chiesto il Sacramento. Questa loro funzione insostituibile ci fa comprendere sia il motivo per cui padrini e madrine non possano essere i genitori dei battezzandi sia l’opportunità, se non la necessità, che gli stessi partecipino con i genitori agli incontri di catechesi preparatoria, che non dovrebbe limitarsi alla illustrazione del rito, ma riguardare le verità fondamentali della nostra fede.
Nel Rito del Battesimo possiamo distinguere quattro momenti: Accoglienza, Liturgia della Parola, Liturgia del Sacramento e Congedo. Anche se per motivi pratici talvolta non avviene, l’Accoglienza dovrebbe aver luogo in ambiente esterno alla Chiesa per indicare che il bambino non fa ancora parte della Comunità dei battezzati.
Il Ministro celebrante, dopo aver rivolto il saluto a tutti i presenti, rivolgendosi ai genitori e ai padrini, chiede quale nome vogliano dare al bambino. Non si tratta di una semplice formalità dal momento che dare il nome alle persone o alle cose nella Bibbia significa stabilire con loro un rapporto di intima e profonda conoscenza e addirittura di possesso. Invitando i progenitori a dare il nome alle cose create, Dio non solo riconosce loro il diritto di dominare sulle stesse, ma li investe anche della grande dignità di essere suoi collaboratori nel completare e perpetuare la sua opera.
Nel dare il nome al proprio figlio i genitori devono sentirsi investiti di questa grande dignità: Dio, che sin dall’eternità aveva concepito e amato quella creatura si è servito di loro, ha richiesto la loro collaborazione per darla alla vita e ora si serve ancora di loro per fare di quel bambino un suo figlio. Ottenuta la risposta, il Presidente della Celebrazione, per sottolineare che quanto sta per avvenire è voluto
Geatano la Martire