Dal Vangelo secondo Giovanni (3, 14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Catechesi di don Pasquale Rubini
Nella notte Gesù intesse un dialogo con un celebre personaggio del Vangelo di Giovanni, Nicodemo, scriba e membro del Sinedrio e, in particolare, fariseo, amico e seguace di Gesù. Nicodemo segue Gesù e con lui, di notte, intrattiene una breve ma intensa conversazione: nella “notte del mondo”, Nicodemo trova in Gesù la luce che viene ad illuminare il suo cuore, dunque il cuore di ogni uomo e di ogni donna di buona volontà.
In questa conversazione, così come presentata dal Vangelo di Giovanni, Gesù fa riferimento all’Antico Testamento, in modo particolare a un celebre episodio del Libro dei Numeri(21,4-9), il cui protagonista è un serpente di bronzo, innalzato da Mosè: la narrazione biblica sottolinea che la liberazione dalla morte per avvelenamento avveniva solo se si “guardava” il serpente innalzato, cioè se si aveva uno sguardo di fede nei confronti di quel “simbolo di salvezza”, come lo definisce il libro della Sapienza (16,6) che spiega: «Chi si volgeva a guardarlo era salvato non per mezzo dell’oggetto che vedeva, ma da Te, salvatore di tutti » (16,7).
Giovanni interpreta questo episodio alla luce della vita e della resurrezione di Cristo, evidente quando Gesù afferma: «quando sarò innalzato da terra attirerò a me ogni creatura». Dunque, è Gesù stesso il vero Salvatore del mondo: solo guardando Lui crocifisso possiamo trovare la guarigione da ogni male, soprattutto dal male del cuore, dal peccato, dalla solitudine, dall’angoscia, dal non senso, perché Lui è il valore, il senso della nostra esistenza.
Nel tempo di Quaresima ogni cristiano deve confrontarsi con Gesù crocifisso: è Lui il segno di contraddizione, Lui la salvezza, la potenza e la sapienza di Dio. Contemplando Gesù crocifisso, la nostra coscienza troverà in Lui ciò che cerca: sicuramente sentiremo il rimprovero amorevole di un padre misericordioso, che ci sprona ad uscire da noi stessi e ad andare incontro al Padre Celeste. Infatti, le braccia aperte di Gesù sulla croce sono il segno dell’accoglienza con cui, ancora una volta, ci ricorda che Lui ripone in noi, uomini e donne di buona volontà, la sua fiducia.
Leggendo questo passo del Vangelo di Giovanni, spiccano alcuni predicati verbali che potremmo definire “verbi quaresimali”.
Innanzitutto, il verbo credere. Siamo chiamati a credere non ad una verità, non ad un dogma, non ad una cosa: siamo chiamati a credere ad una persona, a Gesù Cristo, la roccia del nostro cuore, il senso del nostro vivere e del nostro sperare.
Un altro verbo è il verbo amare. Nel suo figlio Gesù, Dio ama non solo i discepoli, ma tutti gli uomini, tutte le donne, tutti e ciascuno con un amore di padre. Purtroppo, tante volte a questo Amore si risponde con l’odio, con le tenebre: l’umanità non sempre accoglie l’invito di amore del Padre Celeste a credere nel suo figlio Gesù. Davanti a queste tenebre si innalza Cristo Crocifisso e Risorto, che viene a giudicare il mondo, perché il Padre Celeste a Lui ha affidato ogni giudizio. Ma questo giudizio non è un giudizio di condanna: «io non vengo a condannare il mondo, ma io vengo a salvare il mondo», dice Gesù. Dinanzi a Cristo Crocifisso il mondo e ogni essere sono giudicati, ma il giudizio non è per la condanna, è per la salvezza: vivere la salvezza significa accogliere la luce, vivere nella luce, significa accogliere Gesù come Luce del mondo, l’unica luce che rischiara le tenebre della vita e del nostro cuore. Dunque, non dobbiamo attribuire al verbo “giudicare” il significato umano, molto spesso di senso negativo: il “giudizio del mondo” da parte di Gesù è sentire dentro di sé la presenza amorevole di Dio, che ci fa discernere il bene e dal male, perché, oltre che luce del mondo, è luce che dona energia e calore nuovo. È il calore di sentirci amati e membri di una comunità di figli e di fratelli, che hanno come unico punto di riferimento il Vangelo del Signore.
Un altro verbo è vivere, ovvero vivere nella verità, cogliere la verità che è il Vangelo di Gesù. In Quaresima ogni cristiano è invitato ancora una volta a credere, ad amare, ad accogliere la salvezza per mettersi alla sequela di Cristo, a vivere la luce e a vivere la verità. Ogni cristiano è chiamato, soprattutto, a rigettare le occasioni di peccato e il male, che non è una costruzione umana o un contenitore vuoto da riempire secondo il proprio criterio soggettivo. Dobbiamo operare il bene, ciò che ci comunica la Parola di Dio e i Comandamenti del Signore, capaci di donarci la forza di metterli in pratica: infatti, la Parola di Dio contiene in se stessa lo Spirito e la Vita di Dio, la Verità che è Cristo.
Viviamo finalmente nella Gioia, nella vera Pace: mettiamoci finalmente sulla strada della felicità, nonostante le prove della vita. Guardiamo a Cristo Crocifisso, è lui il segreto della storia, è lui la speranza del nostro cuore.
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I domenica di Quaresima: Le tentazioni di Gesù nel deserto
II domenica di Quaresima: La trasfigurazione di Gesù
III domenica di Quaresima: La Cacciata dei mercanti dal tempio
IV domenica di Quaresima: Nicodemo, il serpente innalzato e Gesù Crocifisso
V domenica di Quaresima: Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me