Dal Vangelo secondo Giovanni (12, 20-30)
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
Catechesi di don Pasquale Rubini
Alcuni greci convertiti al giudaismo vorrebbero vedere Gesù e, perciò, si rivolgono Filippo. Filippo, a sua volta, con Andrea, riferisce l’accaduto a Gesù che coglie questa occasione per parlare della sua ora. Il termine «ora» è un vocabolo tipico del Vangelo di Giovanni e non indica tanto una determinazione di carattere temporale, quanto un evento di salvezza, il “kairos” di Dio, cioè il tempo di grazia: perciò, il “chronos”, lo scorrere del tempo che percepiamo mediante la nostra coscienza, diventa il tempo e lo spazio in cui Dio si rivela e ci dona la salvezza. In particolare, gli antichi greci avevano due parole per il tempo χρονος (chronos) e καιρος (kairos): mentre la prima si riferisce al tempo logico e sequenziale (valore quantitativo), la seconda significa “un tempo nel mezzo“, un momento di un periodo di tempo indeterminato in cui “qualcosa” di speciale accade, il “momento giusto”, il “tempo di dio” (valore qualitativo”.
L’«ora di Gesù» è la salvezza che Lui stesso porta nel mondo. L’«ora di Gesù» indica la sua passione, la sua morte e la sua gloriosa resurrezione. Tutto l’evento pasquale indica l’«ora», la ragione per la quale Gesù è venuto al mondo. Infatti, tutta la vita di Gesù ha questa finalità: manifestare l’amore di Dio che ha donato, ha consegnato, ha tradito (nel senso di consegnato) suo figlio Gesù a noi peccatori, perché Gesù stesso potesse donare a noi la via dei figli di Dio, la possibilità di essere ricreati nel suo sangue e salvati nella sua vita.
Ancora una volta in questo tempo di quaresima siamo chiamati a riflettere sulla glorificazione del Figlio di Dio. Tante volte pensiamo che il Cristianesimo sia la religione della potenza, della onnipotenza, del potere dell’avere, dell’ostentazione: Gesù, di contro, palesa il parallelismo tra la sua «ora» e la nostra «ora», perché dov’è il discepolo li è anche il Maestro, volendo un po’ invertire il linguaggio che usa Gesù. Questo, però, può verificarsi solo se il discepolo è fedele, con tutto il cuore e con tutta l’anima, alla Parola del Maestro.
Dovremmo, ancora una volta, chiederci se il mio discepolato rientra nella “logica” di Dio, nella “logica” di Cristo, sapendo che questa “logica” non è la logica del mondo: Dio ci propone un’altra salvezza, che è la salvezza operata dalla croce, il cui fine naturale è la resurrezione. Nel Vangelo di questa quinta domenica di Quaresima, Gesù richiama le immagini dell’ambiente agricolo, che gli era anche famigliare: come il chicco di frumento, se non cade, non muore e non porta frutto, così anche Il Cristo, se non muore, non potrà portare la vita. Di conseguenza, anche il discepolo, se non muore a se stesso, se non rinunzia al proprio io, per piegarsi e realizzare la volontà di Dio, non può nascere.
Inoltre, in questo Vangelo di Giovanni, Gesù afferma che, quando sarà innalzato, allora attirerà a se ogni creatura. Questo essere innalzato è una conseguenza della glorificazione: il Padre Celeste glorifica suo figlio con la morte e risurrezione, lo innalza alle vette del cielo e alle vette della nostra salvezza. Quando Gesù è innalzato sulla croce, non solo collega la terra al cielo e il cielo alla terra, ma attira a sé e al Padre ogni creatura. Per questo motivo, Gesù Cristo porta realmente la vita: solo quando Gesù muore e risorge, in ubbidienza alla volontà del Padre Celeste, è capace di formare il popolo della nuova alleanza.
Così, anche il discepolo è attraente, cioè capace di attrarre gli altri, quando si unisce al suo Signore crocifisso e risorto, rinunziando a se stesso e al proprio io, per piegarsi e per fare la volontà del Signore che si manifesta attraverso i Comandamenti, attraverso la voce della Chiesa, attraverso la voce della nostra coscienza, attraverso il consiglio del sacerdote, soprattutto quando ci andiamo a confessare.
Infatti, il Cristianesimo si diffonde non per contagio (la fede cristiana non è una malattia), ma per attrazione: la fede cristiana è la salute, è la salvezza, è il farmaco di immortalità. Essendo un farmaco, ha un effetto duplice in noi: da un lato, provoca la morte dell’ uomo vecchio con le passioni ingannatrici, così come dice la Scrittura, dall’altro ci consente di risorgere alla vita della grazia. Solo così siamo sanati e salvati e la nostra vita si eleva alle vette del cielo: questo innalzamento genera la gioia pasquale che è capace di contagiare il mondo con la testimonianza. È questa è l’«ora del discepolo».
Proprio in questo nostro momento storico, ogni cristiano è chiamato ad un rinnovamento della vita. Quaresima significa proprio “cammino di conversione”, un cammino che deve condurci, innanzitutto, alla sequela più vera, più profonda del Signore Gesù, ubbidendo ai Comandamenti e aprendo il nostro cuore alle necessità del prossimo per toccare la carne sofferente di Cristo.
È nel povero, nell’ammalato che il Signore tante volte ci chiede una mano, ci chiede di essere come il buon samaritano, sapendo che è Lui il nostro vero samaritano, perché lui viene a curare le ferite della nostra storia e della storia dell’umanità. Dunque, prepariamoci, veramente, con cuore rinnovato, a vivere i misteri della nostra salvezza che celebreremo soprattutto durante la Settimana Santa, quando, nella liturgia, rivivremo il mistero della Pasqua, di morte e di sepoltura e di resurrezione del nostro Signore. Unendoci a Lui, non solo in questa settimana, ma ogni giorno, con le nostre gioie, i nostri dolori, con le nostre fatiche, con le nostre speranze, possiamo veramente riscoprire la bellezza della nostra fede e gettare semi di speranza in questo nostro mondo.
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I domenica di Quaresima: Le tentazioni di Gesù nel deserto
II domenica di Quaresima: La trasfigurazione di Gesù
III domenica di Quaresima: La Cacciata dei mercanti dal tempio
IV domenica di Quaresima: Nicodemo, il serpente innalzato e Gesù Crocifisso
V domenica di Quaresima: Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me