È ricca di contenuti la riflessione che il Servo di Dio, Mons. Antonio Bello, ha scritto in occasione del Mese Mariano. Per questo motivo, senza alcuni commento superfluo, è di seguito proposta per intero.
«Maggio, il mese delle rose, è tradizionalmente dedicato alla Madonna, per questo viene anche definito “Mese Mariano”, molto caro alla pietà popolare. La devozione a Maria è stato uno dei fili conduttori e caratteristici del pontificato di Giovanni Paolo II, che ha scelto come “motto” del suo ministero l’espressione Totus tuus. Il Papa ha desiderato profondamente che ogni credente possa servirsi di Maria per arrivare più speditamente a Cristo. Maria è infatti, come recita un antico inno, la stella del mare, colei che nella navigazione della fede ci aiuta a non perdere mai la bussola, e a virare sempre verso Cristo.
Nel mese mariano è vivamente consigliata la quotidiana recita del Santo Rosario. Si tratta di una preghiera semplice, apparentemente ripetitiva, ma quanto mai utile per penetrare nei misteri di Cristo e della comune Madre. E’, al tempo stesso, un modo di pregare che in tante apparizioni Ella ci chiede e papa Giovanni Paolo II mai si stancò di ricordarci.
Per tanto tempo, dopo una giornata d’intenso lavoro, raccolti nella quiete serena delle pareti domestiche, genitori e figli si riunivano intorno a un’immagine della Vergine Santa per pregare il santo Rosario. Mi viene in mente la scena del film Il Gattopardo di Luchino Visconti tratto dall’omonimo romanzo di Tomasi di Lampedusa. Il Rosario era il mezzo per elevare la mente, rasserenare i cuori, trovare conforto nelle sofferenze, educare i fanciulli e, soprattutto, unire i cuori dei familiari e volgerli tutti a Dio. Il Rosario era davvero la preghiera familiare per eccellenza.
Certo, oggi viene piuttosto da chiedersi se tutte le famiglie cristiane apprezzano ancora o, addirittura, se conoscono la preghiera del Rosario! Molte, forse la maggioranza, lo considerano un costume ormai sorpassato e questo non è certo un segno confortevole per la vita cristiana.
Nel 1951, il papa Pio XII così scriveva: “Invano, infatti, si cercherà di portare rimedio alle sorti vacillanti della vita civile, se la società domestica, principio e fondamento dell’umano consorzio, non sarà ricondotta alle norme dell’Evangelo. Per ottenere un compito così arduo, Noi affermiamo che la recita del santo Rosario in famiglia è un mezzo quanto mai efficace” (Enciclica Ingruentium malorum 1951).
Papa Giovanni Paolo II, che molte foto ritraggono con la corona del Rosario in mano, ci ricorda: “il Rosario è anche, da sempre, preghiera della famiglia […]. La famiglia che prega unita, resta unita”. E perché non ricordare il sommo Poeta italiano, quand’egli fa esclamare a San Bernardo: “Nel ventre tuo si riaccese l’Amore / per lo cui caldo ne l’eterna pace / così è germinato questo Fiore” (Dante Alighieri, La Divina Commedia, “Paradiso”, XXXIII, 7-9). “Come tutte le mogli, anche Maria avrà avuto momenti di crisi nel rapporto con suo marito. Come tutte le madri, ha spiato pure lei, tra timori e speranze, nelle pieghe tumultuose dell’adolescenza di suo figlio. Come tutte le donne, ha provato pure lei la sofferenza di non sentirsi compresa, neppure dai due amori più grandi che avesse sulla terra […].
Maria, la vogliamo sentire così. Di casa. Mentre parla il nostro dialetto. Esperta di tradizioni antiche e di usanze popolari. Che, attraverso le coordinate di due o tre nomi, ricostruisce il quadro delle parentele, e finisce col farti scoprire consanguineo con quasi tutta la città. Vogliamo vederla così. Immersa nella cronaca paesana. Con gli abiti del nostro tempo. Che non mette soggezione a nessuno. Che si guadagna il pane come le altre. Che parcheggia la macchina accanto alla nostra. Donna di ogni età: a cui tutte le figlie di Eva, quale che sia la stagione della loro vita, possano sentirsi vicine.
Vogliamo immaginarla adolescente, mentre nei meriggi d’estate risale dalla spiaggia, in bermuda, bruna di sole e di bellezza, portandosi negli occhi limpidi un frammento dell’Adriatico verde. E d’inverno, con lo zaino colorato, va in palestra anche lei […]. E va a braccetto con le compagne, e ne ascolta le confidenze segrete, e le sprona ad amare la vita.
La vogliamo […] nei sogni festivi e nelle asprezze feriali. Sempre pronta a darci una mano. A contagiarci della sua speranza. A farci sentire, con la sua struggente purezza, il bisogno di Dio. E a spartire con noi momenti di festa e di lacrime. Fatiche di vendemmie e di frantoi. Profumi di forno e di bucato. Lacrime di partenze e di arrivi…O come dolcissima inquilina che si affaccia sul pianerottolo del nostro condominio. O come splendida creatura che ha il domicilio sotto il nostro stesso numero civico. E riempie di luce tutto il cortile.
Fa’ che possiamo sentirti vicina ai nostri problemi. Non come Signora che viene da lontano a sbrogliarceli con la potenza della sua grazia o con i soliti moduli stampati una volta per sempre. Ma come una che, gli stessi problemi, li vive anche lei sulla sua pelle, e ne conosce l’inedita drammaticità».