«Nel corso della nostra vita, questa chiamata [ndr. la chiamata di Dio al matrimonio, alla vita consacrata, al sacerdozio, ecc.] inscritta dentro le fibre del nostro essere e portatrice del segreto della felicità, ci raggiunge, per l’azione dello Spirito Santo, in maniera sempre nuova, illumina la nostra intelligenza, infonde vigore alla volontà, ci riempie di stupore e fa ardere il nostro cuore. A volte addirittura irrompe in modo inaspettato». Il Messaggio di Papa Francesco per la 60° Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni ci permette non solo di riflettere sulla nostra personale vocazione, ma anche di approfondire il significato di quella che è la vocazione “per eccellenza”, ovvero la scelta di consacrarsi al Signore. E durante questo anno pastorale la nostra comunità parrocchiale ha vissuto la gioia e il dono di due ordinazioni diaconali: quella di Maurizio de Robertis, figlio amato della nostra Parrocchia, e Francesco de Leo, figlio “adottato” e amato perché la nostra Parrocchia non è solo “generatrice”, ma anche “madre”.
Il servizio, secondo il Vangelo, non è una necessità, anche se ha a che fare con le necessità, né una costrizione o una condizione: siamo “servi” per scelta, siamo servi per amore. Tutta la vita di Gesù si propone come servizio esplicitamente scelto e dichiarato, fino al gesto esemplare e generativo della “lavanda dei piedi”.
Queste due ordinazioni ci ricordano che il servizio del cristiano e quello dei ministri del suo Vangelo non possono correre su due vie parallele - quella del servizio a Dio e quella del servizio ai fratelli - ma sull’unica del servizio a Dio per il bene dei fratelli. Il vero servizio a Dio, si manifesta nel servizio ai fratelli, proprio come Gesù.
Sappiamo bene che per essere diacono non è necessario essere sacerdote, ma per “vestirsi” da sacerdote è necessario essere diaconi. Non si tratta semplicemente del primo gradino del sacramento dell’Ordine, immaginando una specie di scala e dunque di scalata, che comincia dal servizio per finire con il comando e il potere, ma di un ministero specifico, con una sua fisionomia. Per essere ordinati sacerdote bisogna essere diacono, rappresentare cioè nella Chiesa il principio del servizio. E diacono lo si rimane per sempre: l’ordinazione al presbiterato non cancella quella al diaconato.
Preghiamo per Maurizio e Francesco affinché siano «come olivo verdeggiante nella casa di Dio» (Salmo 52) - è un’immagine che evoca freschezza, giovinezza, frutto della fede, della fiducia in Dio, della relazione con Lui. Affinché sappiano sempre riconoscere la precedenza e la priorità dell’altro ricordandosi che il servo si mette a disposizione di un altro e che abdica, in certo qual modo, alla sua libertà. Il servizio è l’amore che prende la forma conferitagli dall’altro e dal suo bisogno: è un esercizio della carità, talmente importante e decisiva da assumere anche la natura e la grazia di un sacramento.
La loro non è stata una scelta scontata e, in quanto il diacono rappresenta il servizio di tutti, anche la comunità parrocchiale ha un ruolo preciso, quello di sostenere con la preghiera e la vicinanza la loro vocazione. Rileggiamo alcuni passaggi del discorso di Papa Francesco ai diaconi di Milano il 25 marzo 2017, affinché possano essere esortazione feconda anche per noi parrocchiani, per noi formatori ed educatori, per noi operatori pastorali e semplici fedeli: «Il diacono è il custode del servizio nella Chiesa. Ogni parola dev’essere ben misurata. Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa: il servizio alla Parola, il servizio all’Altare, il servizio ai Poveri. E la vostra missione è ricordare a tutti noi che la fede, nelle sue diverse espressioni – la liturgia comunitaria, la preghiera personale, le diverse forme di carità – e nei suoi vari stati di vita – laicale, clericale, familiare – possiede un’essenziale dimensione di servizio. Il servizio a Dio e ai fratelli. E quanta strada c’è da fare in questo senso!»
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a cura di Marcello la Forgia
Vicepresidente del Consiglio Pastorale Parrocchiale