Sarà un anno pastorale incentrato sulla “famiglia” (e sulla “educazione alla famiglia”) e la programmazione diocesana e parrocchiale dovrà, nelle sue molteplici forme, ispirarsi alle linee episcopali dettate dal Vescovo, Mons. Domenico Cornacchia, nella lettera pastorale «Annunciare la gioia del Vangelo in Famiglia» (copertina nella immagine a fianco). Questo è emerso dal Convegno diocesano dello scorso 21 e 22 settembre (nella foto in basso, da sinistra: don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Nazionale della Pastorale Familiare, Mons. Domenico Cornacchia, don Vito Bufi, direttore dell’Ufficio della Pastorale Diocesana).
Innanzitutto, perché la famiglia? Non solo per i due sinodi indetti da Papa Francesco o per il diversificato clamore mediatico che, nell’ultimo anno, i mass media hanno riservato alla “famiglia”, al “gender” e alle “unioni civili”, o ancora per l’esortazione apostolica «Amoris Laetitia»: ma, soprattutto, per riaffermare nella società, nei nostri luoghi di lavoro e di ritrovo, nella nostre Parrocchie e comunità il valore universale ed educativo della famiglia, principale ed essenziale istituzione umana e sociale.
Per altro, come scrive il Vescovo nella sua Lettera pastorale, dobbiamo rivitalizzare (o costituire) i Gruppi Famiglia parrocchiali, sforzandoci di affiancare alla teoria e alla dottrina anche l’esperienza vissuta della famiglia. È importante, ad esempio, che le famiglie del territorio si raccontino, si aprano, condividano i loro problemi, non per semplice chiacchiericcio o mormorio, ma per quella sana condivisione dello “spezzare il pane della quotidianità”. È altrettanto importante che gli operatori pastorali dei Gruppi Famiglia siano formati e sappiano intrecciare, con umiltà, mitezza e misericordia, sani rapporti con le famiglie. Una linea operativa è stata tracciata, seppur in modo generale: è compito dei pastori, degli operatori pastorali e della comunità impegnarsi nel definire la struttura di un cammino annuale che sicuramente, piccoli o grandi che siano, porterà frutti di Grazia.
L’umanesimo della relazione
Umanesimo è relazione. Ecco il concetto focale dell’intervento con cui la dott.ssa Annalisa Caputi, docente di Filosofia teoretica alla Facoltà Teologica Pugliese, ha aperto il Convegno diocesano (con riferimenti alle relazioni introduttive e finali del Convegno di Firenze). L’intervento è stato basato sulla riflessione scaturita da tre domande: chi sono io, chi è Gesù per me, cosa fare come Chiesa (nella foto, da sinistra la dott. Annalisa Caputi, Mons. Domenico Cornacchia, don Vincenzo de Palo, don Vito Bufi).
L’uomo è relazione: nasciamo da altri (la famiglia), viviamo con altri (la società, che è famiglia di famiglie). E in questo modo, ha sottolineato la dott.ssa Caputi, è vissuto Gesù: «Gesù è stato in relazione con gli altri e, allo stesso tempo, con il Padre e lo Spirito Santo. Lui è il nuovo umanesimo, il nostro umanesimo. È l’uomo relazione che ci rivela un Dio in relazione». Parafrasando Papa Francesco, potremmo affermare che Dio è infinito quanto più si avvicina alla finitezza dell’uomo. È qualcuno che si svuota, che si abbassa. L’amore – Dio è Amore – è svuotamento perché, per accogliere l’altra persona, è necessario svuotarsi del proprio io, dell’orgoglio, dell’amor proprio, dei propri interessi. Ci si svuota per accogliere un bene più grande.
Gesù, la Relazione-Amore per eccellenza, ha, inoltre, manifestato tre particolari «sfumature relazionali»: la gioia, l’umiltà (considerare gli altri superiori a se stessi, cancellare l’ossessione di preservare la gloria e gli interessi personali, amare dal basso), il disinteresse (cercare la felicità dell’altro, amare gratuitamente, senza narcisismo o autoreferenzialità).
Se l’uomo è relazione e la Chiesa è relazione, entrambi devono essere in uscita: «l’umanità del cristiano è in uscita» perché «alla chiamata di Gesù deve rispondere con un Eccomi», quello di Maria. Una conclusione che ha richiamato l’introduzione del Vescovo: «dobbiamo scoprirci chiesa in uscita, in ascolto delle dinamiche esterne, dobbiamo indicare agli altri come trovare Gesù», invito che Mons. Cornacchia ha rivolto soprattutto agli operatori pastorali. Insomma, essere in uscita, rivelare il messaggio di Cristo con semplicità, con la testimonianza reale, concreta, coerente: è questo il punto su cui focalizzare sempre il proprio operato parrocchiale e pastorale.
di Marcello la Forgia (Responsabile Equipe parrocchiale delle Comunicazioni Sociali)