«Per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme». È opportuno partire da questa riflessione di Papa Francesco per analizzare il legame tra parrocchia e catechismo / formazione, partendo anche dalla mia esperienza personale di servizio parrocchiale. Ad esempio, se essere “catechista” riporta all’insegnamento dei principi della religione cristiana, quale supporto posso dare al mio gruppo, io che di “dottrina” ho una conoscenza sommaria? La risposta al mio dubbio la trovo proprio nelle parole del Papa: nutro un bisogno profondo di respirare valori e verità, volutamente scritti con le iniziali maiuscole.
In chiesa, durante la messa, respiro a pieni polmoni la Parola di Dio e il valore della collettività. In Chiesa ritrovo la capacità di riflettere sui valori cristiani e la relazione con gli altri: con i bambini e i ragazzi ritrovo la dimensione giocosa ed educante che mi “segna” da 30 anni come madre e docente. Grazie alla catechesi e all’insegnamento ai ragazzi la mia fede è stata fortificata con la partecipazione alle attività della Parrocchia attraverso la liturgia e l’esperienza concreta del servizio offerto.
La catechesi resta un pilastro per l’educazione della fede di bambini, ragazzi ed adulti: a volte può essere difficile, ma l’intento è quello di alimentare l’amore e l’unione “per e con” Gesù. La Parrocchia, nei suoi catechisti ed educatori, si impegna a offrire a tutti, risposte alle loro domande sulla vita: e, soprattutto in questo momento storico, segnato dalla pandemia e dalla mobilità, si impegna (anzi, deve maggiormente impegnarsi) a identificare e creare molteplici “soglie di accesso”, mantenendo un profilo istituzionale tale da rendere accessibile l’incontro con il vangelo a tutti, senza logiche elitarie.
Come indicato nel documento «Essere catechisti prima di fare i catechisti» (Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione, marzo 2020), tre sono i principi lungo i quali deve muoversi la formazione parrocchiale: la testimonianza, perché la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione; la misericordia, catechesi autentica che rende credibile l’annuncio della fede; e il dialogo, quello libero e gratuito, che non obbliga ma che, partendo dall’amore, contribuisce alla pace. Dobbiamo guardare con realismo alle situazioni, oggi sempre più complesse e difficili, dei fedeli. Dobbiamo partire dalla realtà di ciò a cui ci si trova davanti ogni giorno, nell’obiettivo di camminare insieme.
Ecco perché la formazione in parrocchia deve essere pensata per fasce d’età e necessita di ascolto: solo in questo modo possiamo aiutare i ragazzi e gli adulti a comprendere quanto sia importante distinguere il bene dal male per agire secondo coscienza e che è possibile vivere attraverso una fede non avulsa dalla vita stessa, approfondendo temi sociali e problemi legati alle varie fasce d’età. Questo diventa possibile grazie alla conoscenza della Parola di Dio, attraverso la preghiera e l’incontro con l’altro anche aiutandolo.
Essere catechista può diventare una delle avventure educative più feconde e belle, perché si alimenta il rapporto con il Signore non per trattenerlo, ma per offrirlo agli altri, cercando di essere sempre più una sola cosa con Lui. Anzi, la formazione (iniziazione cristiana, incontri di formazioni, catechesi, ecc.), pur se diversificata nelle modalità e nei linguaggi, dovrà avere un unico stile: quello dell’accompagnamento, che rende i catechisti testimoni credibili, convinti e coinvolgenti, discreti ma presenti, in grado di valorizzare le qualità di ciascun fedele e di farlo sentire accolto e riconosciuto all’interno della comunità cristiana.
Mara Spadavecchia (catechista)