«Parrocchia missionaria» è il titolo che il Vescovo Mons. Domenico Cornacchia ha dato alla sua Lettera Pastorale per il biennio 2019-202, rivolta a tutti i membri della Chiesa diocesana nel tempo della visita pastorale. È evidente che il Vescovo vuole prima invitarci e poi spronarci, visitando le nostre comunità, ad essere chiesa missionaria. Analizziamo alcuni punti essenziali di questa Lettera Pastorale, preludio a quella che sarà la Rubrica speciale che il giornale parrocchiale affronterà in questo biennio, «Parrocchia e…» («Parrocchia e famiglia», «Parrocchia e educazione», «Parrocchia e vita spirituale», ecc.).
La missionarietà non è qualcosa di molto difficile e complicato da descrivere. Essa consiste semplicemente nell’impegno a manifestare con i fatti l’amore di Dio per l’intera umanità. Oggi più di ieri questo è un bisogno per tutti coloro che vivono le innumerevoli difficoltà e sofferenze della vita, e un dovere per coloro che si dicono cristiani. «L’autentico discepolo di Gesù, dopo aver accolto e vissuto la proposta evangelica – scrive il Vescovo – ha la consapevolezza di essere chiamato a trasmettere la propria esperienza di fede, con coraggio, franchezza, gioia, passione, costanza».
Per essere vero discepolo bisogna necessariamente sperimentare su di sé la “Grammatica dell’assenso” proposta dal cardinale inglese John Henry Newman. Si tratta di un percorso spirituale in cui si passa da un assenso nozionale (l’adesione ai contenuti della fede acquisiti mediante incontri di formazione, catechesi ed esperienze simili, che ci permettono di conoscere meglio Gesù) ad un assenso reale alla persona di Cristo (l’adesione reale, coerente, concreta agli insegnamenti del Vangelo). In questo percorso, si compie un fondamentale salto di qualità nella vita spirituale di ogni cristiano che porta ciascuno di noi ad essere un alter Christus. La nostra adesione totale permette a Gesù di agire attraverso di noi, attraverso le nostre mani, i nostri piedi, la nostra parola, la nostra mente e, quindi, attraverso la nostra vita, che senza dubbio egli ricolma di gioia e di amore verso il prossimo.
Il discepolo non è solo, non è chiamato necessariamente ad andare lontano o in chissà quale Paese per annunciare il Vangelo. Il discepolo annuncia con altri discepoli, fratelli con cui vive una comunione profonda e a cui è legato dall’appartenenza ad una comunità (la parrocchia, punto di partenza e luogo privilegiato per l’annuncio del Vangelo).
La parrocchia, pertanto, non è altro che la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie. Come tale non è separata dalla gente e dalle famiglie, non è un gruppo di eletti che guardano solo a se stessi. Essa è, come afferma don Tonino Bello, «il quartier generale dove si elaborano i progetti per una migliore qualità della vita, dove la solidarietà viene sperimentata in termini planetari e non di campanile, dove si è disposti a pagar di persona il prezzo di ogni promozione umana, e dove le nostre piccole speranze di quaggiù vengono alimentate da quell’inesauribile riserva di speranze ultramondane di cui trabocca il Vangelo».
Il Vescovo incoraggia ogni figlio di ogni singola comunità parrocchiale e in particolar modo gli operatori pastorali all’impegno doveroso di rendere le nostre parrocchie il luogo dell’ascolto delle necessità, del dialogo costruttivo, della carità generosa e silenziosa, dell’adorazione e della celebrazione dell’Eucaristia, della riconciliazione con Dio e i fratelli e della formazione umana e cristiana.
Per far tutto questo è necessario non dimenticarsi mai che ogni membro deve agire animato dall’amore di Dio, dalla vocazione all’amore: proprio questo, ci permetterà di essere plastici nel comprendere le necessità dei fratelli e dotati di fantasiosa creatività tale da renderci veri agenti dell’evangelizzazione.
Arcangelo Pascu