Se nel contributo precedente – gennaio 2024 – abbiamo cercato di comprendere la passione che nutriamo per gli altri, questo mese, invece, ci soffermeremo su un concetto piuttosto inflazionato, ma mai davvero applicato o sviscerato nel profondo: quello dell’ascolto, che permette a ciascuno di aprire la propria porta verso l’altro per accoglierlo così com’è e per comprenderlo e offrirgli uno spazio di vita.
Strutturati per ascoltare
Siamo neurologicamente strutturati per rispondere alla “chiamata all’ascolto”, che è anche il cuore del Vangelo e l’invito riportato in tutta la Sacra Scrittura. Pensiamo, ad esempio, alla preghiera dello Shemà (Dt 6,4) o a quanto leggiamo nel Vangelo di Marco (12,29-31):
Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi».
In questo passaggio, Gesù pone al centro l’ascolto, collegato direttamente alla capacità di amare Dio e il prossimo. Papa Francesco, nel Discorso in occasione della commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi (2015), afferma che «l’ascolto di Dio deve condurre le comunità cristiane a sentire con lui il grido del Popolo» e che «l’ascolto del Popolo deve portare a respirare la volontà a cui Dio ci chiama».
«L’ascolto deve far maturare la conoscenza dell’altro e la conoscenza il desiderio della sua liberazione. Ecco perché i processi innescati dal Sinodo si propongono di mettere le comunità in stato di ascolto, affinché possano riconoscere le necessità e i bisogni dei propri contemporanei e soprattutto di coloro che vivono nelle periferie spirituali, sociali ed economiche, politiche geografiche ed esistenziali del nostro mondo. Così facendo, la Chiesa potrà comprendere, attraverso il successivo discernimento, come compiere più fruttuosamente la sua missione di evangelizzazione nel mondo, come un lievito al servizio della venuta del Regno di Dio» (“Prendersi cura del Cammino sinodale”, di Laura Ricci e Luca Vitali, agosto 2023, p. 53).
L’ascolto incarnato
L’ascolto esige, anche con forza, di fare spazio concreto dentro di sé. Gesù è stato ed è l’ascolto incarnato: ha saputo farsi prossimo alla gente, ascoltando e fuggendo qualsiasi tipo di semplificazione dei giudizi. Gesù ha raggiunto e raggiunge sempre con facilità le periferie esistenziali di ciascuno.
Anche noi dobbiamo impegnarci nell’incarnare l’ascolto, nel farci prossimi al fratello che abbiamo accanto. Come farsi prossimi? Come ha fatto Gesù: ponendo domande, è riuscito ad incontrare l’altro nel cuore della sua sofferenza, delle sue fragilità esistenziali, per offrire una nuova prospettiva di vita.
Essere ascolto incarnato, come ci suggerisce il libro “Prendersi cura del Cammino sinodale”, ci protegge da:
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- usare filtri: ascoltare solo ciò che vogliamo sentire;
- cercare sempre prove: pensiamo solo a cosa risponderemo, non concentrandoci sul “come” sta narrando il nostro interlocutore;
- identificarci, ovvero registrare nella mente solo ciò che è simile alla nostra esperienza;
- denigrare, quando ciò che ascoltiamo dall’altro ci sembra poco importante per la nostra esperienza;
- essere sempre accondiscendenti e validare ciò che l’altro ci comunica;
- deviare la conversazione su un altro argomento, mostrando disinteresse per ciò che ci viene raccontato dall’altro.
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Per una parrocchia che sappia ascoltare
Il Vademecum per il Sinodo sulla sinodalità chiede alla comunità di rifuggire la tentazione di ascoltare solo quelli che appartengono alla sua fazione, ossia quelli che sono considerati i “buoni”, che dei quali si pensa che abbiamo compreso cosa sia e cosa voglia il Vangelo.
«Favorire la partecipazione ci porta ad uscire da noi stessi per coinvolgere altri che hanno opinioni diverse dalle nostre. Ascoltare coloro che hanno le nostre stesse opinioni non porta alcun frutto. Il dialogo implica l’incontro con opinioni diverse. Infatti, Dio spesso parla attraverso le voci di coloro che possiamo facilmente escludere, emarginare o sminuire. Dobbiamo sforzarci in modo speciale per ascoltare coloro che possiamo essere tentati di vedere come non importanti e coloro che ci costringono a considerare nuovi punti di vista che possono cambiare il nostro modo di pensare». (Vademecum, 2.2)
L’ascolto ci aiuta ad accogliere le persone nei loro veri bisogni, a camminare autenticamente con ciascuno, ci conduce ad imparare dagli altri nuove prospettive e ad elaborare risposte creative che da soli non sapremmo ideare.