Igino Giordani nel 1956 scriveva che «anche i coniugati sono in grado di attuare la loro chiamata alla perfezione della carità». Mi sembra importante e fondamentale iniziare così questo momento di riflessione, con una frase di Igino Giordani, scrittore, giornalista, politico e bibliotecario italiano, cofondatore del Movimento dei Focolari di Chiara Lubich, primo focolarino sposato. Sua moglie non viveva la spiritualità focolarina, ma avevano fra loro una speciale armonia. Così tante coppie, anche di diverso credo religioso o politico condividono un rapporto fatto d’amore e rispetto.
Nel quotidiano, però, ci si scontra: la conflittualità non è estranea a nessuno. Nella coppia cristiana che ha scelto, prima umanamente e poi alla luce di una grazia speciale, di vivere il “per sempre”, si pensa che dovrebbe essere sempre tutto perfetto: anche perché dovremmo avere una maggiore capacità di scavare dentro di noi e interrogarci su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, percepire facilmente quale atteggiamento tenere nei confronti dell’altro. Eppure, sappiamo che come tutti, anche noi cristiani, sbagliamo e, a volte, non viviamo secondo la Parola.
Perché è così difficile fare della differenza la nostra forza? Perché uomini e donne cristiani non riescono a ritrovare se stessi? Spesso si cerca una soluzione tra tanti ragionamenti e giustificazioni. Tante discussioni magari. È tanto complesso valutare, capire. Non si trova una strada precisa. Non ci sono soluzioni. E più pensiamo di poter capire il perché dei nostri e altrui comportamenti e più ci ingarbugliamo e perdiamo la direzione. Possiamo anche mentire a noi stessi e agli altri, ma i nostri gesti ci tradiscono. Poi c’è l’atteggiamento di chi non pensa a nulla, sembra che tutto debba risolversi da sé, anche senza parole, senza chiedersi “perché?”, senza uno “scusa”, senza un “grazie”.
Siamo sempre convinti che tutto, prima o poi, debba passare: e se così non fosse? Se l’incomprensione ci schiacciasse e diventasse uno soglio troppo difficile da oltrepassare? Purtroppo, la tentazione è quella di pensare che ogni storia insieme, ogni rapporto, possa finire anche se benedetto da Dio.
A volte chi non si reputa cristiano o fedele ad un credo religioso, può farci o darci lezioni di vita (non è detto, ma può capitare di confrontarci e ricevere un consiglio giusto proprio da chi non pensa come noi). La reciprocità, infatti, non è solo del cristiano, ma è costitutiva dell’essere umano. Papa Francesco ci ricorda che troppe parole non servono, «solo fare la pace conta». Non troppe parole e «prima che si concluda la giornata».
Eppure, nulla ci appare semplice, nei momenti di crisi non cerchiamo tanto di comprendere le ragioni dell’altro, ma ripieghiamo su noi stessi o sull’idea che abbiamo dell’altro: o sull’idea che ci siamo ben costruiti dell’altro. Soprattutto se il rapporto non è di pochi anni ma dura già da un po’, siamo certi dei difetti dell’altro più che delle cose positive. E i nostri difetti? Cosa siamo disposti a cambiare di noi?
Ognuno di noi vuole il bene per sé e non è facile comprendere la diversità, non è facile sedersi su “poltrone scomode” per amare gli altri, come diceva il Venerabile Don Tonino. Un pensiero dobbiamo custodire, qualcosa che sublimi la nostra anima, che si debba radicare nei nostri cuori, che possiamo far crescere se curiamo la nostra spiritualità individualmente e insieme all’altro: «La vita di coppia, il matrimonio cristiano in particolare, non è un progetto meramente umano, è un progetto divino» (Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia”). Solo allora, andremo al di là di quello scoglio, nulla ci presserà più di tanto: la noia nel guardare l’altro si diraderà, perché sempre nuovo è il Suo Amore per noi.
Dobbiamo fare la nostra parte aprendoci con tutta la nostra persona a questa Sua ricchezza, ai Suoi doni. Bisogna chiedersi: “Cosa vuole da me Gesù?”. In realtà, Gesù ci chiede solo di lasciarci attirare da Lui, liberando il cuore da tutto ciò che lo ingombra, per accogliere con fiducia il suo amore gratuito. Affidandoci a Lui, soprattutto quando ci sembra tutto assurdo e non speriamo più nel cambiamento. In questo modo, saremo sicuri di camminare, anche se su una strada non sempre dritta, anche se su pietre a volte taglienti, ma sulla strada giusta, quella che Lui ci indica e disegna giorno per giorno per noi. Non importa farci tante domande, non importa più nulla. Solo l’altro conta nella sua interezza.
Chiara Lubich diceva: «Saremo perfetti nell’amore, anche se imperfetti, quando avremo amato l’altro a tal punto da essere riamati». E ancora ci indica qualcosa di meraviglioso in una lettera a una fidanzata: «Ascoltami: “Uno solo è l’Amore: non dividere il tuo cuore in terra, non dividere il tuo cuore! È uno solo l’amore: l’amore per Dio. Ma non fraintendermi, ascolta. C’è un ideale nella vita che supera tutti: amare. Amare chi? Dio. Lui abita nel cuore di tutte le creature. Ma tu, perché quella è la sua volontà, lo devi vedere soprattutto in un cuore: in quello di M. Carissima, M. lo devi amare di più di quanto lo ami perché [...] Dio abita nel suo cuore. Comprendimi. [...] Per lui rinnega il tuo egoismo, la tua volontà di star rinchiusa in te stessa, i tuoi comodi, tutti i tuoi difetti. Per lui aumenta la tua pazienza, perfeziona la tua capacità di madre, sappi tacere quando qualcuno sbaglia. Se tu ti sforzerai di vedere Gesù in lui, allora il tuo amore per lui non avrà fine. Nemmeno in paradiso, perché in lui ami Dio. Solo così crescerà grande il tuo amore».
Si può aggiungere una cosa soltanto, che è altrettanto fondamentale: per andare avanti in un rapporto maturo, bisogna confrontarsi con altre coppie, magari più mature. La reciprocità deve avvenire fra coppie e poi guardare alle storie dei santi, come esempio, alle coppie sante, che da un po’di anni la Chiesa stessa riconosce come degne degli onori dell’altare.
Concetta Baudo (Associata al Movimento dei Focolari, Gruppo Famiglia parrocchiale)