A proposito dell’Unzione degli infermi, il Rituale romano (n. 66) raccomanda che il sacerdote responsabile ne predisponga, in maniera adeguata, la celebrazione. Tenendo presente, soprattutto, la valenza comunitaria del Sacramento, quando non sia possibile celebrarlo in chiesa, è necessaria una
opportuna preparazione che garantisca, tra le altre cose, la partecipazione attiva di una rappresentanza del popolo di Dio che può essere esercitata da parenti, coinquilini e amici dell’infermo o dell’anziano.
Dopo il saluto di pace rivolto a tutti i presenti (n. 70), il celebrante li asperge con l’acqua benedetta e prega perché il segno ravvivi in loro il ricordo del Battesimo, mediante il quale hanno aderito «a Cristo crocifisso e risorto per noi e per la nostra salvezza». Facendo, poi, riferimento alla Lettera apostolica di Giacomo, invita l’Assemblea a raccomandare l’infermo «alla bontà e alla potenza di Cristo, perché gli dia sollievo e salvezza» (n. 71).
Dopo aver ascoltato la confessione sacramentale dell’infermo (se non è stato possibile farlo precedentemente e se le condizioni lo consentono) il Celebrante invita tutti a riconoscersi peccatori e a chiedere il perdono del Signore per una degna partecipazione al Rito (n. 73). Conclusa la liturgia penitenziale, inizia quella della Parola mediante la lettura di un appropriato brano biblico ed una breve spiegazione dello stesso che tenga conto in maniera particolare dell’importanza del Sacramento e dei suoi effetti (n. 74).
Il rito dell’Unzione ha inizio con la preghiera litanica. Si invoca la presenza del Signore perché, visiti e conforti il malato, lo liberi da ogni male, rechi sollievo alla sua sofferenza, assista quanti si prendono cura di lui e degli ammalati in genere, lo liberi da ogni peccato e, attraverso la Santa Unzione e l’imposizione delle mani, gli ottenga vita e salvezza (n. 75). Conclusa la preghiera litanica, rimanendo in silenzio, il celebrante impone le mani sul capo dell’infermo e, subito dopo, recita una preghiera di benedizione e di rendimento di grazie sull’olio degli infermi già consacrato dal Vescovo diocesano nel corso della Messa crismale.
Si benedice il Padre perché, per la nostra salvezza ha mandato nel mondo il Figlio che, a sua volta, è benedetto per essersi fatto uomo al fine di guarire le nostre infermità e lo Spirito Santo che, con la sua forza inesauribile sostiene l’umana debolezza. La preghiera si conclude con l’invocazione, rivolta nel nome di Gesù a Dio Padre perché, mediante Lo Spirito Santo, l’ammalato, che con fede riceve la Santa Unzione, trovi sollievo e conforto nelle due sofferenze (n. 77).
Subito dopo il sacerdote unge il malato sulla fronte e sulle mani dicendo (una sola volta): «Per questa Santa Unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo». Dopo l’amen dei presenti il Celebrante prosegue: «E liberandoti dai peccati ti salvi e nella sua bontà di sollevi», cui segue ancora l’amen dei partecipanti.
Ancora una volta si invoca per il fratello ammalato la salute del corpo e dello spirito, scegliendo tra le preghiere proposte quella più appropriata a seconda che si tratti di un anziano, di un infermo in grande pericolo o di un moribondo. Subito dopo, su invito del celebrante, l’assemblea recita il Padre Nostro e l’infermo, se ne è in grado, riceve la Santa Comunione. Il rito termina con la benedizione finale con cui, ancora una volta, si invoca per l’ammalato la salute del corpo e dello spirito.
L’imposizione delle mani e l’unzione saranno oggetto di una trattazione successiva, nei numeri del prossimo anno pastorale 2022-2023.
Gaetano la Martire