«La famiglia scendeva da Gerusalemme a Gerico per le vie tortuose della storia quando incontrò i tempi moderni. Le rubarono la fede, che più o meno aveva conservato, poi le tolsero l’unità e la fedeltà, la solidarietà con il vicinato e l’ospitalità per i viandanti e i dispersi. Passò per quelle strade un sociologo. Vide la famiglia ferita sull’orlo della strada e disse: “È morta”. Passò uno psicologo e disse: “Era oppressiva. Meglio che sia finita”. La incontrò un prete e la sgridò: “Perché non hai resistito?”. Infine, passò il Signore che la vide, ne ebbe compassione e si chinò su di lei lavandole le ferite con l’olio della tenerezza e il vino del suo amore. Se la caricò sulle spalle e la portò alla Chiesa affidandogliela dicendo: “L’ho comprata con il mio sangue, non lasciarla sola sulla strada in balia dei tempi. Ristorala con la mia Parola e il mio Pane. Al mio ritorno vi chiederò conto di lei”. Quando si riebbe, la famiglia ricordò il volto di Dio chino su di essa. Assaporò tutta la gioia di quell’amore e chiese a se stessa: “Come ricambierò per la salvezza che mi è stata donata?”. Guarita dalle sue divisioni, dalla sua aridità, dalla sua solitudine egoista, si propose di tornare per le strade e guarire le ferite del mondo. Si sarebbe essa pure fermata vicino a tutti i malcapitati della vita per assisterli e dire loro che c’è sempre un Amore che salva, un Amore che si ferma accanto a chi soffre, a chi è solo, a chi è disprezzato, a chi si disprezza da se stesso. Alla finestra della sua casa avrebbe messo una lampada, sempre accesa, come segno per gli sbandati della notte e la sua porta sarebbe rimasta sempre aperta, per gli amici e per gli sconosciuti» (Giampaolo Salvini, «Conflittualità e riconciliazione in famiglia – Spunti per un Giubileo della famiglia», in La Civiltà Cattolica, 2000 II, pag 165).
Questa breve ma, significativa parabola vuole sottolineare come non sia un mistero che la famiglia viva difficoltà e crisi sempre più evidenti. Quale ruolo la Chiesa e la parrocchia, in particolare, giocano in tale situazione?
Se compito della Chiesa, come afferma la “Evangeli Nuntiandi” è quello di evangelizzare, la famiglia, «piccola chiesa domestica», vive continuamente questo mandato e trova nella Chiesa e nella Parrocchia il luogo per santificarsi e salvarsi. Al tempo stesso, la parrocchia, diventa, ad immagine della famiglia, il luogo in cui il Signore ci chiama a vivere relazioni interpersonali autentiche e a tradurle nei gesti della donazione e della condivisione.
La parrocchia diventa “una famiglia di famiglie” nella quale le famiglie sono cellule vive che compongono la comunità. Ciò comporta la necessità di riconoscere alla famiglia una dimensione “ecclesiale” di essere cioè “segno e strumento di salvezza”, ma anche di dare alla Parrocchia una dimensione familiare.
Pertanto, la parrocchia adotterà lo stile familiare, privilegiando l’attenzione alle persone, la comunicazione reciproca, le relazioni interpersonali. Occorre valorizzare la famiglia in quegli ambiti pastorali che le sono più congeniali: la promozione della vita, l’educazione delle giovani generazioni, l’aiuto alle famiglie in difficoltà, l’accompagnamento dei fidanzati e delle giovani coppie, ecc.
L’impegno delle famiglie all’interno della comunità, inoltre, aiuta il sacerdote ad incarnare nel quotidiano il suo ministero, e ne riceve in cambio l’ossigeno della vita spirituale, la bussola della Parola di Dio, il corpo vivo di Cristo. Solo così l’essenza di ogni parrocchia potrà essere la porta aperta ed un focolare acceso per ogni famiglia che vi passerà.
Antonella Mancini