Come tutti i Sacramenti, anche quello della Penitenza agisce “ex opere operato”, cioè è valido di per sé. Tuttavia, la sua efficacia, come sappiamo è strettamente legata, alla disposizione con cui ciascun fedele si accosta a riceverlo. A tale proposito, non sembra inutile o superfluo ribadire che il pentimento, perché possa ritenersi sincero ed efficace, deve sostanziarsi di una ferma volontà di non ricadere negli stessi peccati, nonché dell’impegno di rimuovere tutto ciò che possa diventarne occasione.
Purtroppo, quando l’esistenza di questo sacramento non è addirittura ignorata, in molti ci si accosta a riceverlo con incredibile leggerezza e superficialità, spesso per abitudine o per obbedienza al precetto della Chiesa che richiede almeno una confessione annuale, dando per scontato che, inevitabilmente, si tornerà a commettere gli sessi errori. Contravvenendo, così, al giusto “timore di Dio” e confidando arbitrariamente nella Sua infinita pazienza e misericordia, rimandiamo ad un tempo, che forse non ci sarà concesso, la nostra conversione.
Ancor più triste è la situazione spirituale di chi, condizionato dalla vigente mentalità che considera lecito tutto ciò che procura piacere, ha perduto completamente il senso del peccato, sicché non esita a dichiararsi a posto con la propria coscienza, giusto davanti a Dio e agli uomini.
Queste semplici considerazioni, che riflettono, nelle loro varie sfaccettature, la situazione spirituale di molti fedeli, devono indurci ad accostarci a ricevere questo Sacramento con la necessaria preparazione, dopo un sereno e serio esame di coscienza fatto in un clima di silenzio e di preghiera, col cuore pronto ad accogliere l’azione dello Spirito Santo e, magari, contemplando l’immagine di Gesù crocifisso. Ci verrà spontaneo esclamare con San Francesco «Chi sei Tu o Dio e chi sono io!». Ci renderemo conto di essere creature fragili, incapaci di amare Dio, sommo bene con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le nostre forze ed il prossimo più di noi stessi, come ci ha insegnato Gesù e i nostri peccati diventeranno per noi la testimonianza evidente del nostro attaccamento alle realtà terrene laddove, invece, dovremmo aspirare a quelle celesti.
In questo esame, ci lasceremo guidare dalla parola di Dio, dalla legge che Egli ha scolpito nel cuore di ogni uomo prima ancora che sulle Tavole di pietra affidate a Mosè, contemplata alla luce della novità del Vangelo annunziato da Gesù, Parola del Padre, degli insegnamenti apostolici e della Chiesa. In particolare, sarà opportuno riflettere sui nostri peccati di omissione, le buone opere di misericordia spirituale e corporale, mediante le quali avremmo potuto e dovuto alleviare le sofferenze che affliggono l’esistenza di tanti fratelli, ricordando che proprio su queste manchevolezze saremo giudicati (Giudizio Finale in Mt. 25,33-46; Le Beatitudini Mt. 5,3-12).