Per commemorare il suo Santo titolare, San Bernardino da Siena, la comunità parrocchiale di san Bernardino celebra un triduo solenne dal 17 al 19 maggio (Santo Rosario alle ore 18.30, Santa Messa alle ore 19.00), mentre sabato 20 maggio, giorno della sua memoria, sarà celebrata una messa solenne in onore del Santo. Di seguito, riportiamo la preghiera che si celebra il 20 maggio in onore di San Bernardino.
O Dio, che hai dato al santo sacerdote Bernardino
un raro amore per il santo nome di Gesù,
per i suoi meriti e le sue preghiere
dona a noi lo spirito di questo tuo amore.
Per Cristo nostro Signore. Amen
Bernardino nasce a Massa Marittima, presso Siena, l’8 settembre1380, dalla nobile famiglia senese degli Albizzeschi. Rimasto orfano di ambedue i genitori allorché era ancora in tenera età, fu educato dalle zie e da una cugina, le quali gli inculcarono una tenera ed intensa devozione verso la Vergine santa. A Siena, fuori Porta Camollia, vi era un affresco raffigurante Maria assunta in cielo. Il fanciullo si recava spesso a pregare davanti a quell’immagine; e un giorno confidò alla cugina Tobia: «Sono innamorato della beatissima Vergine Maria Madre di Dio; lei ho sempre amato, lei desidero ardentemente vedere, lei amo con tutto il cuore e perciò ho scelto lei come mia castissima fidanzata. Vorrei tenere sempre lo sguardo fisso su di lei; per questo ho deciso di visitare la sua immagine ogni giorno».
Durante la peste del 1400 a Siena, essendo perito tutto il personale regolare dell’ospedale e rispondendo alla richiesta di aiuto del responsabile, si offrì volontario insieme ai suoi amici della Compagnia dei Battuti (o dei Disciplinati) a cui si era iscritto, che si riunivano, a mezzanotte, nei sotterranei dell’ospedale. Dopo l’esperienza di quattro mesi tra i malati di peste, rimase lui stesso colpito dalla malattia e lottò per un po’ di tempo tra la vita e la morte.
Fu un’esperienza tremenda ma così forte che lo segnerà positivamente tutta la vita. Aveva imparato sull’uomo e i suoi bisogni ma anche su se stesso ciò che i libri di antropologia del tempo non avrebbero potuto insegnargli con maggiore efficacia. Passata poi l’epidemia si prese cura di una delle due zie, gravemente malata, fino alla sua morte.
Nel 1402, sempre a Siena, diventò francescano e due anni dopo sacerdote. Fu mandato poi a Fiesole per completare gli studi in teologia ascetica e mistica: qui lesse con attenzione e con entusiasmo gli scritti dei grandi autori francescani, in primis, Francesco e Bonaventura, Duns Scoto, Jacopone da Todi e altri.
Nel 1405 fu nominato dal Vicario dell’Ordine predicatore ufficiale, e da questo momento in poi Bernardino si dedicherà soprattutto alla predicazione (ma anche al governo e riforma del suo Ordine di cui fu Vicario Generale dal 1438 al 1442). In primo luogo nel territorio della Repubblica di Siena, poi in altre innumerevoli città, specialmente dell’Italia centro settentrionale.
È interessante sapere che le prediche di Bernardino da Siena ci sono pervenute grazie ad un fedele (o ammiratore) trascrittore, il quale a modo suo stenografava tutto, anche i sospiri del predicante. Questi raccomandava che ciò che bisogna dire nella predica deve essere “chiarozo, chiarozo … acciò chè chi ode ne vada contento e illuminato, e non imbarbugliato”. Per Bernardino inoltre il predicare doveva essere un “dire chiaro e dire breve” ma senza dimenticare insieme il “dire bello”. E, come spiegava con una metafora contadina: “Piuttosto ti diletterai di bere il buon vino con una tazza chiara e bella che con una scodella brutta e nera”. Insomma, curare il contenuto (il buon vino evangelico) e il contenente che deve essere bello (la forma). E lui faceva tutto questo (eccetto la brevità). Conquistava l’uditorio non con ragionamenti astrusi e astratti, ma con la semplicità, con parabole, aneddoti, racconti, metafore, drammatizzando e teatralizzando il racconto (oggi diremmo che della predica faceva un piccolo“show spirituale”).
Era soprattutto attuale: castigava e canzonava le umane debolezze, le stregonerie, le superstizioni, il gioco e le bische (diceva:“anche il demonio vuole il suo tempio ed esso è la bisca”), i piccoli e grandi imbrogli nel commercio al dettaglio, le mode frivole (specialmente delle donne, oggi è il culto del “look”), i vizi in generale, pubblici e privati. Ma era feroce con gli usurai del tempo, una piaga antica (e moderna). Ma qual’era il centro della predicazione di Bernardino? Naturalmente Gesù Cristo, in un triplice aspetto: il Gesù “umanato”e cioè l’Incarnazione, il Gesù “passionato”ovvero la sua Passione e Morte in Croce, ed infine il Gesù “glorificato”, la sua Resurrezione e Ascensione alla destra del Padre.
Bernardino metteva in risalto il primato assoluto del Cristo, la sua mediazione universale, la subordinazione di tutte le cose a Lui e in vista di Lui per arrivare attraverso Lui alla perfezione e alla comunione con Dio. È il tema centrale del “Christus Victor” diventato il Signore di tutto attraverso la sofferenza della Croce, rendendo tutti partecipi della salvezza dal peccato.
Tutto bene, tutto liscio nella sua vita? Non è possibile per nessuno. Oggi gli si rimprovera una durezza eccessiva contro le cosiddette “streghe” e contro gli Ebrei (allora non erano ancora i “nostri Fratelli maggiori”). Era santo, ma anche figlio del suo tempo e della cultura di allora. Comunque la sua fama di predicatore travolgente, efficiente ed efficace non lo risparmiò da ostilità, sofferenze ed incomprensioni.
Sappiamo che l’invidia è una non virtù che, come zizzania, è sempre stata presente anche nei verdi campi ecclesiali. Bernardino fu infatti accusato di idolatria (e non una volta sola anche di eresia) specialmente per quanto riguardava la devozione al Nome di Gesù, espresso nel famoso trigramma JHS messo su uno stendardo. Fu sempre completamente scagionato (a Roma) e reintegrato. Pur provato dalla malattia e da noiosi disturbi, rimase fedele fino alla fine alla sua missione di ministro della parola di Dio. Muore nel 1444 ad Aquila, dove i suoi resti mortali riposano ancora oggi nella chiesa a lui dedicata.
Bernardino da Siena non solo aveva predicato bene, ma era anche vissuto da santo e questa santità venne riconosciuta subito dalla Chiesa da Papa Niccolò V (1447-1455) che lo canonizzò, solo sei anni dopo, il 24 maggio del 1450.