Dio predilige i semplici e i puri di cuore, proprio come fra Salvatore, canonizzato da Papa Pio XI nel 1938. Ed è proprio questo Santo che oggi festeggiano la comunità di San Bernardino e, in particolare, la Pia Associazione “San Salvatore da Horta”, a conclusione della novena, con la solenne celebrazione eucaristica delle ore 18,30 che sarà trasmessa in streaming (approfondisci).
Alla fine di questa celebrazione, successiva alla festa esterna di domenica 15 marzo, cui parteciperanno i ragazzi dell’ACR con le loro famiglie, sarà benedetto e condiviso il pane votivo e sarà possibile baciare la reliquia del Santo custodita in chiesa.
[slideshow_deploy id=’46761′]
San Salvatore da Horta, nella sua grande umiltà, non solo ha operato numerosi miracoli per opera di Dio, ma è stato anche fondamentale testimone della fede cristiana e dell’amore per dio e per la sua Chiesa. In effetti, i suoi numerosi miracoli testimoniano la profondità della sua fede, perché a questa virtù san Paolo attribuisce una potenza così grande da trasportare i monti. Salvatore, infatti, da tutti coloro che domandavano miracoli richiedeva la fede, e a seconda del grado di essa, operava i prodigi.
Il Santo nacque a Santa Coloma de Farners, centro della Catalogna, in un giorno del dicembre 1520. I genitori, il cui cognome era Grionesos, lavoravano in un piccolo ospedale locale. Rimasto orfano si trasferì a Barcellona e fece diversi lavori per mantenere se stesso e la sorella Blasia. Appena quest’ultima si sposò, il giovane poté attuare il desiderio di dedicarsi alla vita religiosa.
Dopo un periodo trascorso nel monastero benedettino di Montserrat, il 3 maggio 1541 entrò nel convento francescano di Barcellona e assunse il nome di fra’ Salvatore. Nel 1542 fece la professione religiosa e fu trasferito nel convento di Tortosa. In seguito, fu trasferito più volte in diversi conventi, tra cui quelli di Bellpuig, Horta, dove rimase per dodici anni, Reus. Era sempre destinato a svolgere i lavori più umili e faticosi.
Intanto, la gente giungeva numerosa a visitare il frate, perché gli venivano riconosciute doti di taumaturgo e gli furono attribuiti molteplici miracoli. Questa fama rese fra’ Salvatore scomodo agli stessi confratelli, tanto da provocare i suoi continui trasferimenti. I fatti che lo videro protagonista gli attirarono anche una denuncia all’Inquisizione di Barcellona, che si risolse in un nulla di fatto. La sua ultima destinazione fu il convento di Santa Maria di Gesù a Cagliari, dove giunse nel novembre 1565. Qui morì in fama di santità in seguito a una malattia il 18 marzo 1567.
Fra’ Salvatore fu proclamato beato, su richiesta di Filippo III di Spagna, il 15 febbraio 1606 da papa Paolo V. Il 17 aprile 1938 fu canonizzato da Pio XI. Le reliquie del santo furono inizialmente conservate nel convento di Santa Maria di Gesù, luogo della sua morte. Nel 1607 fu trafugato il cuore e portato nel convento francescano di San Pietro di Silki a Sassari.
Nel 1718, in seguito alla demolizione di Santa Maria di Gesù, le spoglie del santo vennero trasferite prima nella chiesa di San Mauro a Villanova (in cui è ancora conservata una reliquia e l’arca in pietra che ne conteneva il corpo) e da qui, nel 1758, nella chiesa di Santa Rosalia nella Marina. Santa Rosalia è il principale santuario di San Salvatore, dove il suo corpo è esposto, all’interno di una teca in vetro posta sotto la mensa dell’altare maggiore, alla venerazione dei fedeli. Un santuario dedicato al Santo sorge anche nel comune di Orta di Atella (biografia approfondita del Santo).
[slideshow_deploy id=’46797′]
Per suo mezzo, furono operati quei numerosi miracoli che nel loro linguaggio reale erano una testimonianza inconfutabile delle verità cristiane e che dimostrano la ferma fede del Santo. In Salvatore, non meno viva della fede, sorrideva la speranza che gli fu sempre fedele compagna in ogni tribolazione e dolore, sia rispetto alle cose celesti, sia rispetto alle esigenze della vita. Sperava fin nei casi in cui l’umana prudenza sconsigliava dallo sperare e, più volte, in simili casi, confortò i suoi confratelli e superiori. A qual grado questa sublime virtù si elevasse in Salvatore, ce lo dicono la forza e la costanza che ebbe in mezzo alle grandi persecuzioni e dolori dai quali permise Dio che fosse come oppresso.
La speranza dei beni eterni fu la sola forza che lo animò a rimanere costante in mezzo a tutte le bufere della vita e a cercarvi il Signore. Infine, la carità espressa dalle parole e dallo zelo instancabile delle sue opere. Non respirava se non per il desiderio della maggior gloria di Dio che produceva nell’anima sua benedetta un’ansia continua per la conversione dei peccatori. Visitava i carcerati, esortandoli al pentimento, assisteva con straordinaria carità gli infermi, non badando mai alla schifezza delle malattie e delle piaghe, e, mosso da santa carità, operava i più strepitosi miracoli per ritornar loro la primitiva salute.
Ma, come ha sottolineato il parroco, san Salvatore ha amato così tanto l’umiltà da accogliere di gran cuore i disprezzi ed amare il proprio annientamento. A suo giudizio i benefizi di Dio sia d’ordine soprannaturale che naturale cadevano sopra un indegno. Sebbene fosse da tutti lodato, non si udì mai dalla sua bocca una parola di vanto, né un detto che in qualche modo vi tendesse. Occultava, quando lo poteva, qualunque cosa che meritasse encomio, non si discolpava delle rampogne che in prova gli facevano i suoi superiori, e si giudicava il peggiore dei peccatori del mondo. Mentre i popoli, compresi da meraviglia a cagione delle sue virtù, e dei suoi strepitosi miracoli, lo onoravano con entusiasmo indescrivibile, Salvatore si umiliava profondamente a Dio e a Lui solo ne rendeva la gloria o l’onore.