In questa sezione riassumiamo tutti i restauri che hanno interessato la Chiesa di San Bernardino, gli altari e i dipinti in essa custoditi.

Gran parte delle informazioni sono state desunte da «Arte e restauri nella chiesa di S. Bernardino», «La parrocchia di san Bernardino. Tra storia e cronaca» (1987, Tipografia Mezzina) a cura di Mons. Luigi Michele de Palma.

 

LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA

L’originaria chiesa, con l’annesso convento, fu costruita in tempi brevi per «i materiali […] a prezzi mercatissimi, e le giornate degli artefici […] a ragione di qualche grano», se nel 1495 era già in uso un sepolcreto presso l'altare maggiore, come documenta la più antica fra le numerose lastre tombali.

L'impianto era  ad unica navata di ben più contenute dimensioni rispetto all'attuale struttura, secondo una tipologia planimetrica ancora parzialmente visibile in altre chiese minoritiche della Puglia: S. Maria della Chinisa di Bitonto, S. Maria delFisola a Conversano, S. Maria della Libera a Vieste, S. Maria la Veterana di Bitetto. Infatti, l'originaria unica aula corrispondeva pressappoco all’attuale navata centrale, sebbene la storiografia locale riferisca di una immutata quattrocentesca pianta a tre navate ripartite da colonne intermedie.

 

I RESTAURI CINQUECENTESCHI

Il Sacco di Molfetta del 1529 causò una serie di danneggiamenti alla struttura, che tuttavvia fu gradualmente ripristinata. Per altro, la ristrutturazione del convento coincide con un momento di intensa e generale attività edificatoria, di ampliamento, di recupero e di restauro, successivo alle disposizioni del Codice Generale di riforma della vita religiosa concordato dal Concilio di Trento (1545-63).

Secondo Mons. Luigi Michele de Palma, è da ritenere veritiera l’ipotesi di un ampliamento cinquecentesco dell'originario impianto, come affermato da Adriana Pepe nella «Enciclopedia bernardiana» (p. 243-245):

«I contrafforti esterni gravanti parzialmente sulle voltine ed allineati ai pilastri che scandiscono le navate; l’eccessivo spessore dei pilastri stessi; il dislivello fra il calpestio della navata centrale e quello delle navatelle ecc., non si spiegherebbero se non con una radicale modificazione della struttura e dello spazio originari. Al di la di queste ragioni di ordine costruttivo, l'ipotesi sembra avvalorata da un modello della stessa chiesa scolpito nel timpano del portale. In questo bassorilievo, dominato da una vivarinesca figura di S. Bernardino, con i vistosi attributi del disco trigrammato e delle tre mitre, la chiesa viene rappresentata priva delle navate laterali e con una facciata monocuspidata; l’ambiente naturale vi e anche definito con esattezza, come dimostra la collocazione della chiesa su un terreno rilevato».


Nella progettazione dei lavori non furono trascurate le disposizioni emanate dal Concilio di Trento in materia di architettura religiosa disponendo che «[…] lungo l'uno e l'altro fianco si possono edificare altari […] le cappelle siano tra di loro equidistanti […] nella chiesa a più navate le cappelle rispondano con esattezza all'intercolumnio, affinché le colonne o i pilastri non tolgano la vista alle medesime» (cfr. «Instructiones fabricae et suppellectilis ecclesiasticae», Milano 1577).

 

I RESTAURI DI ALTARI E CAPPELLE DI FINE '500

L'ampliamento della chiesa e la conseguente realizzazione degli altari laterali si completò per tutto il Cinquecento: nel 1585 si alzò la nuova facciata con il piccolo campanile a vela orientata a nord verso S. Michele di Monte Sant'Angelo.

Alla fine del XVI secolo si realizzarono i restauri della cappella Lepore (1593), le commissioni al fiandrese Gaspar Hovic (1596) dei due dipinti “Adorazione dei pastori” e “San Michele Arcangelo” e, inoltre, l'intervento alla cappella de Luca (1597), rinnovata ed arricchita della tela della “Madonna del Soccorso” di Andrea Bordoni, che ritornerà nella stessa chiesa circa trenta anni dopo con la Madonna degli Angeli (1629).

 

I RESTAURI DEL XVII SECOLO

Nel Seicento gli altari lignei lasciarono il posto alle preziose ed artificiose macchine in bianca pietra tenera di Carovigno e di Gravina dalla fitta ed intricata decorazione.

Furono rinnovati gli altari Muscati (1600, 1607, 1651), de Luca (1635), Lepore (1676, 1689), Filioli (1600), Passari (1645).

È proprio il restauro della Ceppella Passari che inaugura il passaggio dagli epigoni dell'ultimo tardo manierismo cinquecentesco ai primi nuovi fermenti, già avvertibili nell'opera del magister molfettese Giovanni Crisostomo de Mariano - che nel 1645 ne firma l'altare - e nei due dipinti, “Fuga in Egitto” e “Madonna del Cucito”, di Francesco Cozza.

Restaurati i tetti (1607) a spese dei fratelli Muscati, collocato l'organo (1613), opera del napoletano Francesco Tonno o Tondo, conclusisi via via tutti i lavori di ripristino, la chiesa viene riconsacrata nel 1699.

 

I RESTAURI DEL '700

Dopo solo pochi anni dalla riconsacrazione della chiesa, nel 1704 fu riaffrontato il problema delle coperture, questa volta riparate a cura di Marco Onofrio Tattoli.

I settecenteschi interventi agli altari, sopraelevati con l'aggiunta di gradoni, l'ammodernamento dell'organo (1767) per opera di Giuseppe Rubino ed il grande altare maggiore in pietra, investono la chiesa di un'atmosfera tipicamente rococò, ma già con anticipazioni neoclassiche avvertibili nella decorazione a stucco.

Anche i corpi di fabbrica conventuali furono assoggettati a lavori di parziale rinnovamento.

 

IL RIMODELLAMENTO DOPO IL 1960

La struttura fu rimodellata e ristrutturata subito dopo l'erezione della Parrocchia nel 1960.

L'intervento alle coperture fu realizzato solo nel 1973-1974 per equilibrare le pendenze dei tetti, normalizzando la canalizzazione delle acque piovane, prima convogliate verso la volta centrale. Il piccolo campanile a vela fu liberato da sovrastrutture e consolidato.

Nel 1968, all'interno della chiesa fu aperto un passaggio per l'attuale corridoio e nel 1969 si ritenne opportuno "pulire" gli altari, liberandoli da spessi strati di vernice a finto marmo. Tra il 1969 e il 1973 furono eseguiti i necessari lavori all'ufficio parrocchiale conclusisi con la sistemazione delle vetrate verso il chiostro e, nel corridoio, delle lapidi tombali provenienti dalla chiesa e dei pezzi, eliminati nel corso dei lavori, dei settecenteschi altari.

Nel 1971 si rese necessaria la riapertura dell'antico ingresso dall'attuale oratorio (ceduto nel 1829 dalla Confraternita), per evitare ai fedeli di passare attraverso l'ospedale per recarsi nell'ufficio parrocchiale.

È di qualche anno dopo (1975) la sistemazione del nuovo portone d'ingresso, offerto da Carlo Pisani in memoria della moglie Maddalena Sallustio.

Restaurati gli stucchi e tinteggiata la chiesa (1976-1978) e stato installato nel 1979 l'impianto di antifurto a spese del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.

Fu anche riaperto l'antico accesso al convento, chiuso quando gli Amministratori dell'Ospedale nel 1813 decisero di utilizzare l'ingresso della seicentesca cappella fondata per volontà testamentaria di Claudio Gadaleta, che lasciando erede universale il Monte di Pietà, imponeva come clausola la fondazione, accanto al convento, di una cappella dedicata all'Annunciazione.